Alla fine il Dl Semplificazioni non conterrà nessuna norma per sbloccare gli impianti regionali per la produzione di EoW (si veda il punto “Dolce o salato? Come attuare la normativa End of waste in materie di rifiuti”).
Si troverà, speriamo presto, un modo di disciplinare la materia e sbloccare questi impianti. Essi non rappresentano, certo, una quota maggioritaria delle infrastrutture necessarie all’Italia per affrontare meglio la gestione dei rifiuti. Ma non sono neanche irrilevanti in quanto vanno nella direzione dell’Economia Circolare.
Ma cosa succede nel mondo dell’Economia Circolare, dei rifiuti e dintorni? Intanto nella Legge di Stabilità 2019, al comma 73 e seguenti, si prevede che “al fine di incrementare il riciclaggio delle plastiche miste e degli scarti non pericolosi dei processi di produzione industriale e della lavorazione di selezione e di recupero dei rifiuti solidi urbani, in alternativa all’avvio al recupero energetico, nonché al fine di ridurre l’impatto ambientale degli imballaggi e il livello di rifiuti non riciclabili derivanti da materiali da imballaggio, a tutte le imprese che acquistano prodotti realizzati con materiali provenienti dalla raccolta differenziata degli imballaggi in plastica ovvero che acquistano imballaggi biodegradabili e compostabili secondo la normativa Unu En 13432:2002 o derivati dalla raccolta differenziata della carta e dell’alluminio è riconosciuto, per ciascuno degli anni 2019 e 2020, un credito d’imposta nella misura del 36 per cento delle spese sostenute e documentate per i predetti acquisti”.
Tralasciamo gli aspetti applicativi (e l’importo di 20 mila euro a “beneficiario” nel limite massimo complessivo di un milione di euro annui per gli anni 2020 e 2021) e che è previsto un decreto di attuazione e concentriamoci, invece, su un aspetto fondamentale.
Per produrre questi materiali derivanti dalla raccolta differenziata occorrono degli impianti che lavorino i rifiuti e producano EoW che, direttamente o indirettamente, sono parte della catena di utilità. Insomma, torniamo ancora lì, alla necessità degli impianti e, quindi, almeno di una misura che sblocchi quelli a livello regionale.
Insomma, va bene fare norme che incentivino l’acquisto di beni provenienti dalla raccolta differenziata, ma se non ci sono le filiere industriali, negli impianti per produrli c’è addirittura un rischio “frustrazione”. Potremmo avere, cioè, una opportuna “leva fiscale” ma non il mercato dei beni che vogliamo incentivare.
Un rischio frustrazione che viene aumentato dal fatto che, intanto, nel DL Semplificazioni sui rifiuti si è continuato a legiferare in materia: si introduce un nuovo registro sulla tracciabilità dei rifiuti e relativo contributo.
A ciò si aggiungono gli incrementi delle tasse regionali per il conferimento in discarica a partire dal 1 gennaio, per effetto del mancato blocco dell’aumento delle tasse locali nelle Legge di Stabilità 2019
E ogni aumento dei costi anche minimo, incide sulla competitività e sui margini ridotti dei settori industriali. Le aziende comprano le materie prime sui mercati internazionali più o meno allo stesso prezzo, ma se il concorrente europeo paga meno ed ha la certezza di smaltire (meglio recuperare) i propri rifiuti questo diventa un elemento per aumentare la propria competitività in Italia e in Europa.
Certo, sbloccare gli impianti regionali per l’End of Waste non è la soluzione all’ormai cronico problema della mancanza di impianti per la gestione dei rifiuti, ma sarebbe almeno una misura che va nella direzione di incrementare la capacità impiantistica.
Trovare un impianto per recuperare i rifiuti non dev’essere difficile e complicato e non deve obbligarci, come Paese, a fare ricorso in maniera strutturale agli impianti dei vicini Stati europei. In questo modo continuiamo ad avvantaggiare I nostri concorrenti e giorno dopo giorno perdiamo competitività …e sovranità.