“Il ministro Tria separerà la congiuntura dalla struttura, solo così convincerà gli investitori a scommettere ancora sull’Italia che resta un Paese solido, nonostante l’economia, per usare un eufemismo, non è che sia gestita tanto bene in questo momento”. Marco Fortis, vice presidente della Fondazione Edison, economista, professore di Economia industriale e commercio estero all’Università Cattolica di Milano e, soprattutto, profondo conoscitore del tessuto industriale italiano è fiducioso che “nonostante tutto i mercati e l’Unione europea grazieranno l’Italia: sia perché questa Commissione è oramai al capolinea e poi perché si continueranno a comprare titoli italiani che sono tra i più redditizi visto che paghiamo, stupidamente, fior di interessi” – anche se – “una manovra correttiva, di fatto, servirebbe già subito visto che le stime di crescita del Pil sono molto lontane da quelle immaginate dal governo”.
E poi c’è il piano di investimenti da 15 miliardi di euro contenuto nella manovra. Tria oggi a New York incontrerà Jp Morgan e altre banche d’affari statunitensi, potrebbe puntare su questo.
Certamente il problema mi sembra è che bisogna farli partire questi investimenti pubblici, noi siamo il fanalino in Europa su questo tema: tanti annunci ma poi si blocca tutto.
Magari potrebbe essere utile la cabina di regia tecnica che ha in mente il ministro dell’Economia?
Perché no, però l’importante è fare, Tria ha tutta la mia solidarietà ma se poi, ad esempio sulla Tav il vicepremier Salvini dice che va fatta e l’altro, Di Maio, sostiene che quei soldi li investiamo per la metropolitana di Torino, capisce bene che all’estero non comprendono bene quale sia il vero indirizzo politico. C’è tanta, troppa confusione. Vuol sapere quale è la verità?
Dica pure professore.
Nell’ultimo triennio 2015-17 dopo che si è rilanciata la domanda privata italiana, qualunque governo dopo quello Gentiloni avrebbe negoziato con l’Europa un grande piano per le opere pubbliche che languono da una vita, tanto è vero che ci cadono anche i ponti. Invece si è scelto di destinare le risorse a forme di assistenzialismo che difficilmente faranno ripartire la macchina economica.
Eppure c’è chi vuole puntare sull’Italia, la Banca europea per gli investimenti si dice pronta a investire sul nostro Paese.
Peccato però che mancano i progetti e quelli che si possono già fare sono frenati da una burocrazia che farebbe scappare chiunque: dalla più piccola autorità locale che trova il cavillo fino ad un ministro che dice: a me la Tav non convince.
Nonostante questo lei dice che resisteremo a questa tempesta, anche se lo spread ricomincia a salire.
Le basi economiche del nostro Paese sono solide. Il disagio sociale, ad esempio, non è paragonabile a quello che esiste in Inghilterra o Francia: solo il 38% della nostra popolazione ha un reddito inferiore rispetto a quello medio dell’Unione europea, mentre in Francia, dove non a caso è scoppiato il fenomeno dei gilet gialli, siamo oltre il 70%.
Questo come lo spiega?
Grazie alla grande imprenditoria industriale che è diffusa soprattutto nel nord e centro Italia. Poi abbiamo anche una grande ricchezza finanziaria privata che rende sostenibile anche il nostro debito. Le banche che comprano i titoli di Stato usano i soldi delle famiglie per comprarle e finché questi ci sono il nostro sarà un Paese credibile.
Anche l’incidenza del capitale estero sulla nostra economia, in termini di flussi e di stock, calcolato dalla Banca d’Italia per il 2017 è intorno al 21% del Pil, in linea con la Germania…
Esatto, nonostante qualcuno grida sempre: no allo straniero. Ma solo 1/5 delle nostre aziende è finito in mani estere, i restanti 4/5 sono rappresentati da aziende italiane che sono dei piccoli gioielli. Guardi all’industria farmaceutica nostrana che ha superato per produzione manifatturiera la Germania e lo ha fatto grazie agli investimenti diretti esteri. Inoltre anche il surplus commerciale dell’Italia è in attivo con quasi tutti i Paesi del mondo, ad esclusione di Cina e Germania. Insomma, le basi della nostra economia sono solide.
Ma siamo in recessione tecnica, la terza in dieci anni.
Ma è una recessione autoindotta, tafazziana direi. Bastava non fare tutta quella confusione sullo spread e non togliere le misure buone che erano state fatte in precedenza come il super ammortamento che tanto ha aiutato le nostre imprese. E nonostante tutto per uno strano gioco del destino saremo graziati: ci sono le elezioni alle porte e questa Commissione non credo farà nulla, in più alle banche straniere conviene comprare i nostri titoli che rendono molto di più. Ma fino a quanto ancora reggerà questo gioco nessuno può dirlo.