Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

La via maestra per il rilancio dell’Italia? L’umanesimo digitale

Io auspico una società in cui tutti i giovani siano laureati.

Non importa poi che lavoro si faccia:

la laurea non deve essere un titolo professionale, ma culturale”

Umberto Veronesi

 Nell’era del mondo prossimo venturo, quello 5.0, è il momento di aprire un orizzonte non semplice ma strategico: quello dell’umanesimo digitale. Il focus, in realtà, è semplicissimo: se il vantaggio competitivo è dato da un sapere sempre più diffuso come leva per costruire la società moderna e migliore, bisogna allora cominciare da dove il Paese forma le proprie intelligenze e da dove queste incontrano il mercato. Nel sapere, lo abbiamo detto, non si risparmia ma si investe.

Proviamo ad essere “disruptive”: come diceva Umberto Veronesi, la laurea non dovrebbe essere un titolo professionale ma diventare il titolo culturale di base, il limite minimo della scuola dell’obbligo. Un tempo, i limiti competitivi erano diversi: la quinta elementare negli ultimi due decenni dell’800, poi la terza media, poi il biennio superiore.

E’ ora di fare un ulteriore salto di qualità: dobbiamo fare di più perché la competizione dell’economia della conoscenza chiede risorse intellettuali più alte e più importanti. Un provvedimento senza costi per lo Stato quello di innalzare il limite della scuola dell’obbligo. Magari portandolo al diploma di scuola media superiore.

Ma l’obiettivo a tendere che emerge dal mio ultimo libro “Rilanciare l’Italia facendo cose semplici (Giacovelli Editore, 2018) che si appresta alla seconda e rinnovata edizione, dovrebbe essere quello di avere un’Italia di laureati. E non, come adesso, un Paese con solo il 16,3% di laureati tra i 16 e i 64 anni rispetto al 27% europeo.

Perché, nella competizione globale, gli scarsi investimenti nel settore dei beni educativi e culturali ci stanno condannando a diventare fruitori più che produttori di cultura. Così non andremo avanti a lungo. In termini economici e occupazionali, oltre che di civiltà, è necessario invertire la rotta. L’Italia è sinonimo di cultura nel mondo e deve cominciare ad esserlo entro i confini nazionali, promuovendone la produzione diffusa per poi esportarla a livello internazionale.

Così come, alla velocità con la quale stiamo attraversando la storia, è indispensabile parlare di innovazione sociale. Se vogliamo parlare di futuro, abbiamo il dovere di proiettarci verso la tecnologia senza dimenticare la social innovation.

La produzione e l’organizzazione della vita in una chiave ecosostenibile sono traguardi ai quali le tecnologie ci fanno guardare con fiducia. Il wi-fi libero, la digitalizzazione, l’architettura partecipata, la nuova mobilità pubblica, i social impact investments sono innanzitutto straordinarie frontiere di progresso umano.

E’ per questo che vale la pena di ribadire che siamo in un mondo nuovo in cui servono professionisti/manager ibridi capaci di abitare i confini tra conoscenze e saperi e evocando le opportunità possibili. Il tema strategico è sempre quello della rete. Perché la rete non è un’astrazione ma un sistema di pensiero strategico e di connessioni fatto di persone, di soggetti di relazione, di lavoratori, di cittadini, di consumatori.

Ecco perché, per essere consapevoli nel futuro, confini e limiti fra conoscenze e competenze, razionalità, creatività, devono diventare varchi, aperture, ponti, opportunità. Abbiamo sempre più bisogno di figure ibride, di profili manageriali e professionali che sappiano tenere insieme immaginazione e razionalità, creatività e rigore. In altri termini, coniugare l’umano e il digitale.

Per questo, oggi come mai occorre recuperare l’empatia, la visione sistemica dei fenomeni. Il “grande equivoco” dell’educazione nell’era delle macchine e della sostituzione tecnologica è proprio quello di pensare che siano necessarie un’educazione e una formazione tecnica e non umanistica.

Menti competenti, critiche ed elastiche, figure ibride, figure e profili sempre in grado di vedere i confini e i limiti, qualunque ne sia la natura, come opportunità di crescere e sperimentare. Ponti, non muri. Nell’educazione come nella vita.

 

×

Iscriviti alla newsletter