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Mercato del lavoro, Cnel e comma 22

istat, disoccupazione, crescita

Ieri 25 febbraio è stato presentato all’Istat il Rapporto sul mercato del lavoro, frutto della collaborazione sviluppata nell’ambito dell’Accordo quadro tra ministero del Lavoro e delle politiche sociali, Istat, Inps, Inail e Anpal. Si tratta di un documento che merita di essere letto e meditato ai fini della formulazione delle politiche dell’occupazione e del lavoro. Sin dall’incipit, il rapporto sottolinea che nell’area dell’euro, coerentemente con il rallentamento della crescita del Pil, prosegue a ritmi meno sostenuti l’aumento congiunturale dell’occupazione (+0,3% nel terzo trimestre 2018), che raggiunge il massimo storico in valore assoluto.

Continua anche la diminuzione del tasso di disoccupazione, all’8,1% nel terzo trimestre 2018. In Italia, il mercato del lavoro mostra una sostanziale tenuta, ma a tassi di disoccupazione molto più elevati (11,7%) della media europea (7,6%). Particolarmente importante il capitolo sull’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro e pertinenti modalità, traiettorie ed esiti: la probabilità di transitare in un rapporto stabile, per i giovani con primo lavoro a termine nel 2015, è del 38,8% a sei mesi di distanza, 42,8% dopo un anno e 49,5% passati due anni. Nelle traiettorie lavorative dei giovani accedere alla prima occupazione con un contratto in somministrazione comporta una probabilità di quasi 12,5 punti percentuali superiore rispetto a chi vi accede con un contratto a tempo determinato. Occorre chiedersi se misure come il ‘decreto dignità’ e la normativa (in gran misura ancora in fieri) sul redditi di cittadinanza daranno prospettive migliori ai giovani italiani.

Nelle analisi del rapporto pochi hanno ricordato che la preparazione di questo documento era (e credo sia ancora) una funzione essenziale del Cnel: è sempre stato elaborato da una Commissione Speciale, presieduta da un esperto nominato dal presidente della Repubblica, in collaborazione con ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (ed i suoi enti strumentali, l’Istat, l’Inps, l’Inail). Veniva approvato dalla Commissione Speciale e dell’assemblea del Cnel, acquisendo, così, una valenza non solo tecnico-professionale ma anche politica, grazie ai contributi delle parti sociali – contributi essenziali per affrontare, e risolvere, le problematiche del mercato del lavoro. Sono stato componente del Cnel per oltre sette anni e per un periodo ho presieduto la Commissione Speciale responsabile del documento. Riconosco l’altissima professionalità e qualità del rapporto. Ma in questo momento la sua valenza politica di concordato tra esperti e parti sociali sarebbe stata indubbiamente molto utile.

In questi mesi vedo che il Cnel è molto impegnato in seminari, convegni e presentazioni di libri. Ha anche partecipato ad audizioni parlamentari. Ma nessuno ha visto i suoi documenti di osservazioni e proposte in materia di legislazione economica e sociale- la funzione per la quale sessanta anni fa è stato istituito. Pare anche molto impegnato in una complicatissima questione di rimborsi di trasferta nel 2011-2012 (non sono coinvolto perché vivendo a Roma in luogo non distante dal Cnel mi ci sono sempre recato a piedi). Alcuni colleghi, Consiglieri del Cnel, mi hanno mostrato la copiosa documentazione. Pare di leggere il romanzo di Joseph Heller, immortalato sullo schermo da Joseph Clooney, comma 22 sulle assurdità della burocrazia riassunte nel codicillo “Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo”.

Comprensibile che in tante cose affaccendato, il Rapporto sul Mercato del Lavoro venga fatto da altri. A Villa Lubin se ne sono accorti?

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