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La Nato è unita sull’Afghanistan. Nessun ritiro unilaterale

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Nessun ritiro unilaterale; tutto verrà deciso insieme agli alleati. È il messaggio che arriva con chiarezza dal vertice di Bruxelles tra i ministri della Difesa della Nato, tanto dalla partecipazione italiana con il ministro Elisabetta Trenta, quanto da quella statunitense, con il debutto di Patrick Shanahan tra i colleghi dell’Alleanza Atlantica. Tutti d’accordo dunque, nonostante le velleità del presidente Donald Trump, che comunque già in Patria avevano incassato la secca opposizione del Congresso circa l’ipotesi di un considerevole ripiegamento, sia dall’Afghanistan, sia dalla Siria.

IL PUNTO DELLA TRENTA

Sul dossier afghano, la Trenta ha ribadito quanto già affermato nelle scorse settimane, sulla scia delle polemiche che erano seguite all’avio di uno studio di pianificazione affidato al Comando operativo di vertice interforze. “La pianificazione tecnica avviata dall’Italia, che considera, tra le varie opzioni, un possibile ritiro del Contingente, si allinea alla valutazione internazionale trattata oggi con gli alleati”, ha notato il ministro a Bruxelles. “In ambito Nato – ha aggiunto – l’argomento viene infatti affrontato con una progressione cauta, anche perché parliamo di un dossier noto e già affrontato in più contesti diplomatici”.

LA VARIABILE STATUNITENSE

Al centro dell’attenzione c’è soprattutto l’atteggiamento statunitense. L’intenzione della presidenza targata Donald Trump è ormai, e prevede un ripiegamento importante da diversi teatri. Su questo, l’inquilino della Casa Bianca ha incontrato una notevole resistenza, tanto dai vertici militari (si ricorderà su tutte il ritiro del segretario alla Difesa James Mattis) quanto dai parlamentari del suo stesso partito, con un voto schiacciante per mantenere gli impegni. In ogni caso, ha notato la Trenta, “valutare gli impatti che possano nascere da un eventuale ritiro degli Usa (che oggi vantano circa 14mila uomini dei 20mila presenti nella coalizione Nato) dal Paese o da un raggiungimento degli accordi di pace è ritenuto da tutti un passaggio essenziale”, considerando soprattutto il recente annuncio di deal raggiunto con i talebani.

IL VALORE DELL’ALLEANZA

“Siamo all’interno di una coalizione e ogni decisione sarà presa collegialmente, nell’esclusivo interesse di ultimare il lavoro svolto in questi anni a tutela del popolo afghano e della nostra sicurezza interna”, ha rimarcato ancora la titolare di palazzo Baracchini, che a Bruxelles ha parlato della questione anche con gli omologhi turco e tedesca Hulusi Akar e Ursula von der Leyen. L’obiettivo, ha notato, “un processo di pace al ribasso per quanto riguarda i progressi ottenuti in Afghanistan in termini di riduzione della mortalità infantile, aumento della scolarizzazione e diritti delle donne”. Che tutto questo debba essere conseguito insieme agli alleati è ormai chiaro, certificato proprio dalla ministeriale di Bruxelles. Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha affermato che sulla missione Resolute Support (erede dell’Isaf che seguì gli attentati dell’11 settembre) “gli alleati sono insieme, e che insieme decideranno il futuro dell’impegno”.

LA POSIZIONE AMERICANA

A mettere il suggello sul valore dell’Alleanza è stato il segretario alla Difesa pro tempore Patrick Shanahan, che è arrivato alla guida del Pentagono dopo il ritiro di Mattis proprio sulla politica del presidente in materia di impegni all’estero. “Non ci sarà nessun ritiro unilaterale di truppe dall’Afghanistan”, ha chiarito Shanahan, giunto a Bruxelles dopo una visita ai contingenti di Iraq e Afghanistan. “Questo è stato il messaggio della ministeriale: saremo coordinati e uniti”. Certo, resta la consapevolezza che il desiderio di Trump, in linea con le promesse elettorali, sia di far rientrare una porzione considerevole (si era parlato della metà) dei 14mila soldati americani attualmente presenti nel Paese. Il deal con i talebani aveva dato vigore a tale piano, salvo poi incontrare l’opposizione del Congresso e riallinearsi al contesto dell’Alleanza Atlantica.

GLI ALTRI TEMI DELLA MINISTERIALE

Nel frattempo, dal vertice di Bruxelles sono arrivati segnali importanti sulla deterrenza nel fianco est, quello per cui la Nato è tradizionalmente più sensibile. “Numerosi alleati – ha raccontato Stoltenberg – hanno offerto contributi per i cosiddetti quattro trenta”, cioè l’iniziativa che prevede di avere 30 battaglioni di terra, 30 squadroni aerei, 30 squadre navali, pronti a intervenire in di 30 giorni. Sempre sul fianco orientale, la stessa Trenta ha partecipato all’incontro tra i ministri della Difesa dei Paesi che partecipano al dispositivo Nato, a guida canadese, di Enhanced forward presence in Lettonia. Sul lato della spesa invece, l’impressione è che restino tutte le preoccupazioni Usa per la lontananza di alcuni alleati dall’obiettivo del 2% del Pil da destinare alla Difesa in ambito Nato. In tale contesto, il ministro italiano ha ripresentato ai colleghi la proposta già lanciata al summit dello scorso luglio: “Rivedere in senso estensivo la definizione delle spese, includendo in primis gli oneri legati alla difesa cibernetica nazionale, inclusa la componente civile”.

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