L’aria era elettrica e piena di eccitazione. La pioggia che dalla mattina era caduta sugli Emirati Arabi Uniti, i consueti nugoli di sabbia, sembravano accogliere papa Francesco al suo arrivo ad Abu Dhabi. Nel momento in cui il Pontefice ha messo piede sul suolo d’Arabia non vi è stato più alcun dubbio del fatto che si trattasse di un momento storico: la prima visita del capo della Chiesa Cattolica nella Penisola Arabica, cuore dell’Islam. Sebbene le città sacre di Mecca e Medina si trovino a circa 1700 chilometri di distanza da Abu Dhabi è l’intera penisola ad essere considerata il primo luogo di sviluppo della civiltà Islamica. Ma i musulmani non sono soli in Arabia. Cristiani, ebrei, indù e buddisti hanno tutti avuto un ruolo fondamentale nella formazione delle moderne identità nazionali degli stati della penisola. La visita avrà anche avuto come principale interlocutore la comunità Cattolica, ma il suo messaggio era per tutti: l’Arabia vuole tornare e sta ritornando alle sue antiche radici di tolleranza.
In 130.000 mila hanno partecipato alla messa del papa ad Abu Dhabi e molti altri hanno seguito l’evento in televisione con altrettanta emozione. Gli EAU ospitano una comunità cattolica di circa 1 milione di persone, la popolazione totale si attesta sui 9 milioni. Ci sono molti altri stati in Medio Oriente che ospitano una considerevole minoranza cristiana: Bahrain, Libano e Iraq solo per menzionarne alcuni. Alla luce di questo sarebbe un errore considerare il viaggio di papa Francesco come un avvicinamento esclusivo ai fedeli residenti negli EAU, e tantomeno come uno sforzo esclusivamente di Abu Dhabi di avvicinarsi al mondo cattolico. Gli EAU si stanno invece prodigando per un progetto di più ampio respiro, ovvero, la costruzione di legami duraturi nel tempo anche con gli altri paesi del Golfo alleati.
Questo, fortunatamente, coincide con il disegno della Santa Sede di focalizzare la propria attenzione anche su stati che non sono a maggioranza cattolica. Questa visita, infatti, rappresenta il culmine di anni di sforzi, da parte del Vaticano, di migliorare i rapporti con il mondo musulmano dopo il periodo, molto difficile in questo senso, che ha caratterizzato il pontificato di Benedetto XVI. Gli EAU hanno dimostrato negli anni una forte determinazione nel cerare di rompere la sfiducia e le divisioni settarie che hanno caratterizzato la politica in Medio Oriente negli ultimi 4 decenni. Fin dalla nascita dello stato federale indipendente, la costituzione degli EAU salvaguarda i diritti e le liberà di tutte le religioni e delle relative confessioni. Abu Dhabi si ritiene con orgoglio un pioniere della tolleranza in una regione conosciuta per l’imposizione di limiti sulla libertà religiosa. Inoltre, per più di 2 decenni gli EAU sono stati in prima linea nella lotta contro l’estremismo religioso e contro l’uso della religione per scopi politici.
Anche il Papa, nel suo primo discorso pubblico ad Abu Dhabi, ha condannato l’uso distorto della religione. Ha equiparato la mancanza di libertà religiosa alla schiavitù esortando tutte le parti coinvolte nella guerra in Yemen a fare di più per alleviare la sofferenza dei civili. Non si tratta di semplice retorica: papa Francesco ha infatti attivato i suoi buoni uffici per porre fine all’estremismo violento e lavorare per cancellare una generazione di odio e sospetto, guerra e terrorismo in Medio Oriente e in Europa.
È difficile prevedere quali saranno gli esiti dei vari conflitti nella regione. Tuttavia, gli ultimi passi del viaggio sono stati molto significativi. Papa Francesco e il grand imam di al-Azhar, lo sceicco Ahmed El-Tayeb, al termine dell’incontro inter-religioso, hanno firmato il testo del documento comune sulla Fratellanza Umana e hanno posato la prima pietra per una chiesa e una moschea che sorgeranno una a fianco all’altra ad Abu Dhabi, come segno di speranza per la pace nel mondo.