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Perché i 5 Stelle non possono ignorare i referendum sulle autonomie

Di Anna Cinzia Bonfrisco

Quando si parla di maggiori autonomie regionali, il pensiero va subito al nord Italia, in particolare a Veneto e Lombardia, che si sono espressi favorevolmente sul tema in un referendum di ottobre 2017. I due territori, assieme all’Emilia-Romagna, hanno fatto da apripista nel percorrere la strada tracciata dall’articolo 116 della Costituzione, che consente alle Regioni di chiedere “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia […] approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata”. È la nostra Costituzione, perciò, che offre questa facoltà, assieme ovviamente alle relative risorse finanziarie per poter svolgere a livello regionale i “nuovi compiti” che prima competevano allo Stato centrale.

In questo frangente, è inevitabile che vengano a galla le differenze culturali tra chi crede che per migliorare qualità, efficienza e controllo dei servizi sia necessario coinvolgere l’Ente territoriale più vicino al cittadino e chi ritiene che sia lo Stato a continuare a dover occuparsene. Ma poi c’è un contratto, quello alla base dell’attuale governo, sottoscritto dalla Lega e dal Movimento 5 Stelle, nel quale sono confluite le proposte imprescindibili per i due contraenti. Tradotto: le maggiori autonomie regionali stanno alla Lega come il reddito di cittadinanza sta al Movimento 5 Stelle. Sbaglia, comunque, chi relega questo tema a un fatto di esclusivo interesse del nord: è, e sarà, un’opportunità per tutte le Regioni italiane che vorranno intraprendere il medesimo percorso. Per il momento molte di loro stanno alla finestra a vedere come andranno a finire le trattative iniziate, pronte ad aprire i tavoli negoziali in un momento successivo, per produrre quel salto di qualità concreto per tutti i cittadini. Il governo del cambiamento passa soprattutto da questo tema e il 2019 dovrà rappresentarne lo spartiacque. Già, ma tra che cosa?

Non sarà certamente lo spartiacque tra nord e sud come molti facili oppositori sostengono, semmai il bivio sarà rappresentato dai sostenitori del sì al cambiamento contro il partito del no a prescindere. Lascerei quest’ultimo nelle mani del presidente della Regione Campania De Luca che, in una recente missiva indirizzata al premier Conte, si è esercitato a smontare il cantiere in corso in Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna agitando la bandiera dell’unità nazionale in pericolo. Nelle recenti parole del presidente Zaia, leggo un’indiretta risposta al governatore della Campania: “Anche senza un’autonomia del nord, in questi decenni il Mezzogiorno non ha portato a casa nulla in termini di sviluppo, anche con cospicui investimenti sul fronte infrastrutturale, dei fondi comunitari, ecc.”. La questione sarà risolta positivamente dai cittadini chiamati a rinnovare i Consigli regionali nel corso dell’anno. Saranno loro a dare una risposta ai vari De Luca, premiando i candidati portatori delle istanze di maggior autonomia. Il Movimento 5 Stelle sarà al nostro fianco in questa battaglia, agevolando una chiusura più rapida possibile delle istruttorie in corso con i diversi ministeri, anche perché sarebbe difficile spiegare come si può essere a favore di maggiore autonomia per Roma Capitale (giustamente dico io) e non per le Regioni.

Un movimento fondato sul sostegno alla democrazia diretta non può permettersi di ignorare i referendum svolti che hanno visto la vittoria nettissima dei sì. Sono certa che questa partita, cominciata al nord, sarà presto giocata anche dalle altre Regioni perché, come giustamente dice il ministro Stefani: “L’autonomia è una sfida per tutti. Una strada nuova che percorriamo per migliorare il sistema Paese e per avvicinare finalmente la gestione della cosa pubblica ai cittadini”. E infine, non è un caso che questa partita si giochi proprio nel 2019, anno del cambiamento che Matteo Salvini porterà a Bruxelles, per avvicinare le nostre Regioni all’Europa che deve essere salvata dai tragici errori consumati contro i suoi popoli.

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