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Rifiuti urbani e rifiuti industriali. Criteri diversi ma mercati connessi

rifiuti impianti

Scade il 15 febbraio il termine per la consultazione dell’Arera sul documento riguardante i criteri per la determinazione dei corrispettivi del servizio integrato di gestione dei rifiuti urbani e assimilati e dei singoli servizi che costituiscono attività di gestione.

Lettura interessante che certo avrà stimolato la partecipazione alla stessa consultazione. Vado a due punti molti interessanti ad avviso di chi scrive e che riguardano il tema degli impianti e quello della qualità dei rifiuti urbani raccolti.

Al punto 12.1 il documento ben evidenzia il tema del deficit strutturale a livello di impianti per il trattamento dei rifiuti. Stiamo assistendo in questo momento all’utilizzo sempre più massiccio della capacità impiantistica per gestire i rifiuti urbani. Ciò è assolutamente condivisibile, ma pone il tema che il deficit impiantistico è un problema che si ripercuote sui rifiuti industriali che pagano un prezzo molto alto, o peggio, non trovano capacità sul mercato.

Punto quindi centrato (e abbastanza evidente, d’altro canto), in quanto trovare un impianto per recuperare rifiuti non deve essere difficile e complicato. Ed è evidente, nell’attuale situazione italiana, che i mercati dei rifiuti urbani e assimilati e quello degli speciali non sono privi di interrelazioni.

Ciò vale per gli impianti di recupero energetico, ma ci sono relazioni tra tariffazione puntuale e scarti dalla selezione e dal riciclo dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata. Infatti, la tariffazione puntuale incentiva la raccolta differenziata, ma non necessariamente la qualità della stessa come evidenzia il documento stesso.

Se la raccolta differenziata è “sporca” avremo più scarti dalla selezione e riciclo che avviene in impianti industriali i quali produrranno (più) rifiuti speciali del tutto simili a quelli urbani (vedi punto 5.10), “diversi” solo per origine. Non potendo contare neanche sull’assimilazione tecnologica troveranno sempre più difficoltà a recuperare i propri scarti con impatti negativi sulla fase di selezione e riciclo.

Ecco perché è fondamentale che nel promuovere riutilizzo, riciclano e recupero si tenga conto a livello di pianificazione e di accesso agli impianti anche i rifiuti che ne derivino (art. 199, comma 3 lett m). Essi sono assimilabili sotto il profilo tecnologico a quelli urbani e comunque tra i due vi è una fortissima correlazione. Gli scarti dalla selezione e dal riciclo crescono quando le raccolte differenziate non hanno obiettivi qualitativi.
In questo senso riservare una quota a questi scarti negli impianti di trattamento, da “liberare” progressivamente al crescere della qualità, comporterebbe la responsabilizzazione del gestore e delle relative comunità.

Insomma, l’economia circolare deve diventare un elemento cardine del concetto di buon andamento dell’amministrazione di livello costituzionale, fino a sancire un “dovere”, non solo per gli operatori, ma per la stessa P.A. di chiudere il ciclo dei rifiuti sul territorio.

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