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Salvatore Annunziata: l’innovatore ha un sogno che riesce a condividere con gli altri

Spesso si definisce un’organizzazione o un’azienda innovativa solo perché opera in settori nuovi, o considerati tali dai media. Ma è un errore perché anche in tanti settori ‘tradizionali’ ci sono aziende e organizzazioni che fanno innovazioni di processo, di prodotto o dell’offerta. E dietro a tutte queste innovazioni, ci sono donne e uomini che amano il proprio lavoro. Persone che hanno fatto loro il proverbio africano “Chi vuole sul serio qualcosa trova una strada, gli altri una scusa” e che sanno che la vera innovazione è quella condivisa in grado di generare benessere per la collettività.Quest’intervista fa parte della rubrica Innovatori pubblicata su www.robertorace.com. Uno spazio in cui proviamo a raccontare le storie degli Innovatori, a scoprirne modi di pensare, predilezioni e visioni del mondo. Cercando di capire meglio cosa ci riservano presente e futuro.

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“Soltanto la poesia può recuperare l’uomo, l’ho imparato terribilmente, lo so … ”.
È questa affermazione di Giuseppe Ungaretti a guidare “l’intento poetico” di Salvatore Annunziata: “Credo fortemente nel pensiero del grande Ungaretti. La Poesia non è, come magari comunemente (e aggiungerei erroneamente) si crede, mettere in versi delle parole. Poesia è un rapporto continuo con l’inconscio e i suoi abissi, dai quali emergono, e possono emergere, ricordi, intuizioni, verità su sé stessi. Questo tutto contribuisce a completarsi, ad allargare i confini della propria coscienza e, quindi, porta ad una sempre maggiore consapevolezza di sé. Ed è proprio quest’ultima che, a mio parere, rende un uomo più sereno, e di conseguenza più ‘vivo’ nella comunità in cui vive: in azienda, nella propria famiglia, nell’ambito di qualsiasi tipo di rapporto sociale. In questo senso, credo fortemente che la poesia sia, e possa essere, socialmente utile.”
Salvatore Annunziata nasce a Pompei il 29 maggio 1981 ed esordisce con la raccolta di poesie “Mondo Parallelo” edito dalla Grauseditore nel 2010. Di questa raccolta, premiata in vari concorsi letterari nazionali, spicca “Auschwitz”, un testo che ha attirato l’attenzione anche degli insegnanti di molti istituti scolastici campani, dai quali è stato invitato per eventi in commemorazione dell’Olocausto. Nel 2013, poi, viene pubblicato il secondo libro, intitolato “Dello stesso amore”, sempre edito dalla Grauseditore. Si tratta stavolta di una raccolta di poesie d’amore nate dopo l’incontro con la donna che, qualche anno più tardi, diventerà la sua compagna di vita. Questa raccolta viene premiata, nel 2015, nell’ambito del concorso “Don Luigi di Liegro”, dai poeti Renato Fiorito e dal candidato al Premio Nobel Dante Maffia. Alcuni testi che la compongono avranno, per così dire, “una vita a sé”, come : “In un abbraccio”, finalista al CET-AUTORI DI MOGOL; “Il nostro tempo insieme”, trasmessa in qualche radio locale calabrese; “Per un attimo”, scelta dalla Poetessa e Giornalista Rai Luigia Sorrentino per una silloge di poesie edite per il blog da lei curato “RAI NEWS, IL PRIMO BLOG DI POESIA DELLA RAI”.
Attualmente i testi di Salvatore Annunziata sono pubblicati dalla Grauseditore, dalla Aletti Editore, da Pagine e dalla Ursini Edizioni. Proprio a quest’ultima Salvatore Annunziata è particolarmente grato perché, attraverso il Premio Alda Merini (creato proprio da questa casa editrice), per il quale è stato premiato in diverse edizioni, è riuscito a far arrivare i suoi testi in altre regioni italiane.

D. Chi è un innovatore per te? Perché?
R. Un innovatore è colui che, sulla base di un’idea, riesce a coinvolgere gli altri e a trasportarli nella sua visione, nel suo “sogno”, facendolo diventare anche il “loro” sogno, che siano essi suoi collaboratori o meno. Naturalmente, senza tralasciare il rispetto per gli altri. Il rispetto genera serenità e la serenità ci porta sempre a dare il meglio in tutti gli ambiti, anche aziendali.

D. Qual è l’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni?
R. Sinceramente non so quale sarà l’innovazione che cambierà il mondo nel prossimo futuro, ma penso che ritornare ad una sfera un po’ più “intima” potrebbe apportare cambiamenti positivi. L’eccessiva “sovraesposizione”, tipica dell’epoca in cui viviamo, non credo sia per noi così “salutare”. L’uomo ha bisogno di condividere con gli altri nella stessa misura in cui ha bisogno di stare da solo con sé stesso e, purtroppo, oggi questo equilibrio è raro, per non dire inesistente.

D. Qual è il ruolo di un leader in un’organizzazione?
R. Un leader deve, a mio parere, essere un punto di riferimento, non solo professionale ma anche umano, per i suoi collaboratori, e non deve mai trascurare le loro esigenze, né sottovalutare il merito o il demerito di ognuno, perché questa, che io definirei “forma di rispetto aziendale”, è sicuramente un incentivo per i lavoratori a dare il meglio di sé.

D. Una persona che ha lasciato il segno nella tua vita.
R. In realtà, sono due. La prima è Pasquale Mancuso, un mio zio che, da ragazzo, mi ha insegnato ad ascoltarmi. Mi ha fatto comprendere che la prima voce alla quale dobbiamo dare importanza è sempre la propria e che è fondamentale rispettare sé stessi, perché rispettarsi insegna a rispettare gli altri, senza giudicarli.
La seconda, non meno importante, è Armando Pugliese, il grande regista teatrale, che ebbi la fortuna di incontrare anni fa e che ancora oggi contatto, quando posso. Di lui mi colpì l’umiltà, per la quale ancora oggi provo profonda ammirazione. Armando Pugliese mi ha fatto capire che, nella vita, non è importante ciò che facciamo ma ciò che siamo.

D. La tua più grande paura/la tua più grande speranza.
R. La mia più grande paura è la velocità con cui, nella nostra epoca, si vive. Credo sia eccessiva e mi spaventa. Credo che, se esiste un Dio, quando sarà, non ci chiederà la lista delle cose che abbiamo fatto, ma di come abbiamo goduto del miracolo della vita.
La mia più grande speranza è che la poesia possa cambiare qualcosa, possa sensibilizzare la coscienza comune e magari trasformarsi in qualcosa di veramente bello per l’umanità. La poesia richiede tempo, impone lentezza, porta a riflettere. La poesia, insomma, è uno “stop”. E non sempre “chi si ferma, è perduto”. A volte, ci si perde proprio perché non ci si ferma mai.

D. Il tuo progetto di lavoro attuale e futuro.
R. Come “uomo” spero di riuscire sempre a poter fare il mio lavoro, perché mi piace e lo faccio con grande passione e impegno. Come “poeta” spero di riuscire a scrivere sempre qualcosa che possa emozionare chi lo legge.

D. La cosa che ti fa più emozionare e quella che ti fa più arrabbiare.
R. Ciò che maggiormente mi emoziona, ora come ora, è l’essere giunto al matrimonio con la mia compagna. In fondo, se “Dello stesso amore” è piaciuto così tanto a coloro i quali lo hanno letto, devo molto anche a lei.
La cosa che più mi fa arrabbiare è la mancanza di rispetto, in tutti gli ambiti e in tutte le sue forme.


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