La Stampa oggi pubblica un “sondaggio choc” in possesso della Lega che, fatta la tara delle imprecisioni che lo strumento può avere, è molto interessante e sollecita la curiosità dell’analista politico. Secondo questo sondaggio, il partito di Salvini, se si votasse oggi, starebbe al 32 per cento da solo, ma scivolerebbe al 25 se corresse alleato con Forza Italia. Cosa significa? Perché accadrebbe ciò?
Prima di tutto, va osservato che il fenomeno non è nuovo nella politica italiana: i voti di un’alleanza di partiti o movimenti, accadeva anche nella prima Repubblica, può non essere una mera sommatoria. Nel voto, infatti, si esprimono anche delle preferenze simboliche. Probabilmente, oggi l’elettore leghista è affascinato dalla nettezza e linearità delle posizioni di Salvini, e anche dalla loro novità, e teme che, con una forza come quella di Berlusconi accanto, questa novità possa venire annacquata. Forza Italia viene comunque vissuta, nell’immaginario di questo elettore, come un movimento politico del passato, che ha fatto il suo tempo, che ha avuto le sue opportunità che solo in minima parte ha realizzato.
Il problema di Forza Italia è un po’ oggi quello del Pd sull’altro fronte: gli elettori cercano in politica il nuovo e non sono nella condizione psicologica di ritornare al passato. Essi avvertono, forse anche nelle loro tasche, le crisi del sistema Italia, ma proprio per questo si affidano, non da oggi, a chi si propone come nuovo. Oppure, come in questo caso, a chi riesce a mantenere questa immagine di novità e rottura pur restando al governo. Per Salvini perciò una cosa è allearsi con i Cinque Stelle, se l’alleanza è basata, fin che dura, su un “contratto”, cioè su una logica meramente spartitoria; un’altra con Berlusconi, che, pur da posizioni di debolezza, imporrebbe elementi “moderati” all’alleato in una sintesi probabilmente non gradita all’elettore. Questo spiega perché Salvini è poco propenso a riprendere la vecchia alleanza nonostante i mille motivi di frizione con i pentastellati e la maggiore vicinanza ideale a Forza Italia.
Le parole di buon senso del Cavaliere oggi sanno di stantio. E tutto lascia presagire che, se gli italiani si disaffezioneranno a chi ci governa, non torneranno certamente a lui come, da una intervista al Corriere della Sera di oggi, egli sembrerebbe di capire che immagini. Resta il problema degli argomenti sollevati da Berlusconi nella stessa intervista. Sono tutti molto seri, a cominciare dalla necessità di politiche liberali per il nostro Paese. Una destra conservatrice deve infatti essere molto attenta alla proprietà e alla libertà di intrapresa, e in genere ai valori liberali classici, pure all’interno di una logica nazionalista e non globalista come quella propugnata da Salvini. Il quale suppongo che questo ben lo sappia. Ma il leader leghista vorrebbe, probabilmente, che questa integrazione di idee liberali in una logica “sovranista” avvenisse per altre vie, non per quella che passa dall’intramontabile Cavaliere.