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Un chiarimento sulla Genova-Milano: non reinventiamo la ruota

Di Gianvito Lionetti
infrastrutture

Sono due settimane che leggo e rileggo la relazione che il gruppo di lavoro del Prof. Marco Ponti ha scritto per il ministro Danilo Toninelli sugli input, il metodo e i risultati dell’analisi costi-benefici del progetto della linea Ac/Av Genova-Milano. Ho anche partecipato ad un incontro pubblico con alcuni dei membri del gruppo di lavoro.
Non sono un economista, ma un ingegnere che si occupa di ferrovie da 35 anni, ho cercato di capire se il metodo fosse affetto da inesattezze e devo dire che non presenta evidenti motivi di critica in sè, anche se andrebbe confrontato puntualmente con quanto riportato con le linee guida della Ue.

Quello che ho capito dai vari amici economisti a cui ho posto quest’ultima richiesta di verifica, è che per quanto riguarda l’ormai famoso mancato beneficio per lo Stato causato dalla riduzione delle accise incassate sui carburanti le linee guida lasciano libertà di considerarlo o meno fatta salva la coerente definizione delle condizioni al contorno dell’analisi stessa. Ok l’economia non è una scienza esatta, ma allora possiamo accettare l’orgogliosa affermazione del gruppo di lavoro che ci spiega che se gli introiti dalle accise sono superiori ai costi ambientali da inquinamento e gas serra, ai costi delle perdite di vite umane in incidenti stradali e ai costi del tempo perso per la congestione, più si spostano merci e passeggeri dalla ferrovia alla strada, più benefici per la collettività si hanno?

A questo punto siamo di fronte al problema etico. Etica, economia, tecnica, visone a lungo termine sono gli ingredienti della politica e nient’altro che della politica.
Siamo tutti disposti ad accettare che il valore di una vita umana sia di 1,916 milioni di euro in Italia, 3,3 milioni di euro in Lussemburgo e 989 mila euro in Bulgaria? Sì perché questi sono proprio i valori usati nel calcolo presi dall’”Handbook Dg Move” dell’Unione Europea ripetutamente citato nell’analisi costi benefici del gruppo di lavoro. I morti per incidenti stradali sono in Italia circa 10 al giorno mentre sulle ferrovie italiane mediamente, escludendo gli investimenti ai passaggi a livello, 10 all’anno. La copertura dei media è al contrario mille volte superiore, e giustamente, per gli incidenti ferroviari.

Dicono dal gruppo di lavoro che le strade saranno sempre più sicure, e meno male! Restano i morti e i malati per l’inquinamento che a parità di passeggero trasportato e di tonnellate trasportate al chilometro è monetizzato mediamente, sempre avendo come riferimento il documento Ue prima citato, per il ferroviario nella misura di un quarto di quello del modo stradale. Questo in autostrada mentre per i centri urbani le cose peggiorano ancora di più per l’auto. E, sorpresa, sorpresa, l’auto elettrica (e l’auto autonoma) o il camion elettrico con le due prese di corrente sul tetto (stanno reinventando il filobus degli anni dell’autarchia) non migliorano di molto la situazione portando come vantaggio solo il migliore rendimento del motore elettrico (il cosidetto “powertrain”) e la possibilità di recuperare parzialmente l’energia di frenatura (l’energia di frenatura dei treni soprattutto urbani, è da decenni che parzialmente viene recuperata!) attestandosi a livelli di inquinamento comunque tre volte superiori a quello della ferrovia.

Il motivo sta tutto nella ruota: una ruota di acciaio su una rotaia di acciaio provoca una resistenza all’avanzamento (detta resistenza al moto) 4 volte minore di quella di un pneumatico sull’asfalto. Vi assicuro per esperienza personale che due persone riescono a spingere un vagone di 40 tonnellate un Tir dello stesso peso non credo. La resistenza al moto in pianura è la sola causa del consumo energetico ed è in prima approssimazione propozionale all’inquinamento prodotto dal motore diesel localmente o dalle centrali elettriche se il veicolo è a trazione elettrica. Per non parlare del fatto, sempre sottovalutato, che il pulviscolo generato dal consumo dei pneumatici delle auto (anche quelle elettriche o autonome) è altamente pericoloso per la salute.

La differenza della resistenza al moto a pari velocità e pari carico di un veicolo su rotaia rispetto ad uno su gomma è un numero non un’opinione. Consumare meno energia anche se l’energia è prodotta da fonti rinnovabili è comunque obbligatorio perché le risorse, rinnovabili o no, non possono essere sprecate. Ma torniamo all’analisi costi benefici a cui di queste ultime considerazioni gli importa il giusto. A questo punto considerando il beneficio per lo Stato proveniente dalle accise sui carburanti sembra proprio che l’analisi costi benefici sia negativa, al netto di aver preso i dati di input corretti, soprattutto per quanto riguarda i costi, i fondi europei, la valutazione del valore di quanto è già stato speso e le possibili penali per fermare i lavori.

Per affermazione pubblica da parte di alcuni membri del gruppo di lavoro, la metodologia usata per l’analisi per la Av/Ac Genova-Milano è la stessa utilizzata per la Torino Lione, credo quindi che nessuno si aspetti nient’altro che un risultato negativo. Sono però altrettanto certo che due altre opere che personalmente e con grande entusiasmo sostengo, e che vengono indicate come impiego alternativo delle risorse provenienti dall’eventuale stop della Tav Torino-Lione cioè la seconda linea della Metro di Torino (con le ruote di ferro però vi prego!) e la Av Napoli – Bari, non passeranno mai le forche caudine dell’analisi costi benefici che include i proventi delle accise. Senza tenere conto che per queste due opere i fondi Europei saranno pari a zero.

Che contributo tecnico si può portare alla discussione su cui basare decisioni così politiche e strategiche? Innanzi tutto la già citata questione dei consumi energetici che per un veicolo su rotaia sono e saranno sempre almeno tre volte inferiori a quelli di un veicolo su pneumatici a causa di un paio di leggi fisiche. Una quella della resistenza al moto data dall’attrito di rotolamento della ruota (eh si si chiama così) di cui ho già detto, l’altra della resistenza al moto data dall’aria. E qui per semplicità diciamo che, giusto per dare un’idea, da certe velocità in su l’attrito con l’aria comincia a prevalere su quello della ruota sul terreno (aumento quadratico si dice: cresce due volte propozionalmente alla velocità, raddoppia la velocità quadruplica il consumo e dipende dalla forma geometrica).

Ma anche qui la forma geometrica del treno che è stretto e lungo fa sì che, finchè non si riusciranno a fare treni di camion che viaggiano a 120 km/h a mezzo metro l’uno dall’altro o treni di auto che corrono a 300 km/h a 10 centimetri una dietro l’altra, il vantaggio della ferrovia in termini di consumi a pari velocità e pari carico (sia di merci che passeggeri) è schiacciante. Qualche Professore del Politecnico sarà ormai inorridito leggendo alcune imprecisioni in cui sono incorso a favore del tanto inflazionato concetto di semplificazione. Quindi per sviluppare una nuova tecnologia di trasporto ancora più efficiente della ferrovia bisogna semplicemente eliminare la ruota e l’aria. Questo è il concetto a cui si è rifatto Elon Musk per lanciare l’idea di Hyperloop.

 

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