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Tridico, il jolly del governo per evitare la manovra bis?

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Governo e Parlamento sono alle prese essenzialmente con problemi di politica giudiziaria (caso Diciotti, caso Rignano) e con l’approssimarsi delle elezioni regionali in Sardegna (oltre a una doppia campagna elettorale: tra maggioranza ed opposizione a livello nazionale e tra i due partiti-movimenti su cui si regge l’esecutivo). Tuttavia, sottotraccia a Palazzo Chigi, nei ministeri ed anche (e soprattutto) nelle forze politiche c’è un dibattito molto intenso sulla necessità o meno di intervenire sui conti pubblici con una “correzione”.

Gli elementi sono presto riassunti. Nonostante le smentite ufficiali, è ormai chiaro che il tasso di crescita nel 2019 si porrà (se tutto va bene) sullo 0,5% del Pil e che, se non si muove palla, l’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni toccherà a fine anno il 3-3,5% con un aumento, non una riduzione, del rapporto debito pubblico/Pil. Con annessa una passibile crisi di fiducia dei mercati e, quindi, difficoltà a collocare i nostri titoli di Stato. Sono stati fatti i conteggi: una “correzione” di 9 miliardi, se varata in marzo-aprile, potrebbe essere sufficiente ad andare avanti; se si ritarda, dovrebbe essere più forte perché spalmata su un arco di tempo più breve.

Questo quadro, però, si scontra con il calendario politico: elezioni regionali e, soprattutto, europee. Appuntamenti a cui non è bene presentarsi dopo avere messo le mani nelle tasche agli italiani, o aumentando le tasse o riducendo le spese per servizi. Una ulteriore complicazione è il “semestre europeo”, il calendario stabilito a livello dell’Unione per armonizzare la presentazione ed il confronto delle politiche di bilancio. Secondo tale calendario il Documento di economia e finanza (Def) per il 2020 deve essere approntato entro la fine del mese di aprile. E parte con un’esigenza di reperire 35 miliardi tra clausole di salvaguardia e prosecuzione di programmi-bandiera (quali reddito di cittadinanza e quota 100). Proprio alla vigilia delle elezioni europee non è un buon viatico per le forze politiche di governo.

Nei Palazzi si mormora, non senza un pizzico di ironia mista a sarcasmo, che per l’anno in corso è stato trovato un Padre Pio che colmerà il “buco”, in gran misura, dei conti pubblici: il prof. Pasquale Tridico, consulente del vicepremier e ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, il quale lo vuole fortissimamente alla presidenza dell’Inps. Tridico – dicono le malelingue – ha reso un po’ più complicato il ‘reddito di cittadinanza’ all’italiana, di cui si considera se non il padre almeno il padrino. Lo stesso professore di Roma Tre avrebbe complicato le procedure per ottenere che nel 2019 gran parte dei 7 miliardi previsti per la quota 100 non verranno spesi. All’Inps si teme persino che con il suo arrivo, le stesse pensioni in essere potranno subire ritardi.

Con la benedizione di Tridico però quanto non speso nel 2019 sarebbe una cambiale a valere sul 2020; per il Def, allora, si dovrebbero trovare circa 40 miliardi. Rinviare il Def a dopo le elezioni europee (ammesso che i partner Ue ci diano l’attenuante e ce lo consentano) posporre solo di poche settimane un nodo che potrebbe causare un grande litigio all’interno della non tanto armonica maggioranza.

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