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Vi spiego il senso profondo della visita di Papa Francesco ad Abu Dhabi

La visita di Papa Francesco ad Abu Dhabi è un raro salto di qualità sulla scena internazionale. Ancora più raro che non sia innescato da una crisi o da un’emergenza bensì dalla lungimiranza, quasi controcorrente, dei protagonisti.

La visita conferma la straordinaria leadership pastorale e la visione del mondo fuori degli schemi a cui Francesco ci ha già abituato ma che non finisce mai di stupire. Ma è particolarmente significativa, e non casuale, la scelta di Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, e ciò per le caratteristiche di un Paese, che ha nella sua storia, ancor prima di costituirsi come Emirati Arabi Uniti appunto, sempre rappresentato nella penisola arabica forse il luogo più significativo dove religioni diverse da quella islamica hanno trovato rispetto e accoglienza.

Non molti sanno che dalle scoperte archeologiche è emersa, nel territorio che oggi è degli Emirati, una chie­sa risalente addirittura al VII secolo. In tempi a noi più vicini, cioè nel 1965 viene stabilita la prima Chiesa cattolica in quel territorio, ancor prima della for­mazione dello Stato degli Emirati Arabi Uniti. Io ricordo bene, nelle mie visite ad Abu Dhabi, quanto – sotto la impronta saggia e lungi­mirante di Sheik Mohamed – il Paese avesse sempre puntato sull’edu­cazione di Imam tolleranti, rispettosi del dialogo tra le di­verse religioni e mai inclini a prediche estremiste o di incitamento.

E ricordo proprio le scuole di formazione degli Imam emiratini, scuole di formazione in cui lo Stato, sotto la regìa e la visione dell’Emiro e di suo figlio Mohamed, garantisce una qualità di formazione al dialogo e alla tolleranza che è un valore aggiunto straordinario, soprattutto se pensiamo ad Imam provenienti da altri Paesi che, invece, rispondono a inclinazioni estremiste e pericolose.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Oggi, gli Emirati Arabi Uniti accolgono persone, donne e uomini, che provengono da quasi duecento diverse nazionalità, e che quindi seguono culture, religioni, tradizioni, profondamente diverse eppure rispettate nel Paese. La leadership emiratina si è sempre caratterizzata – e questa è una delle ragioni se non la ragione essenziale per la scelta di Francesco – per la convinzione che la diversità culturale, e religiosa siano un valore aggiunto da rispettare e da garantire, in modo che chiunque possa professare il suo credo, non nascondendosi, ma pubblicamente come è giusto che sia.

Penso che ad Abu Dhabi avrà luogo davvero un incontro straordinario, perché straordinaria è la figura di Papa Francesco. E straordinaria è anche quella del grande Imam di al-Azhar, lo sceicco Ahmad al-Tayyib, personaggio a cui il mondo sunnita e l’Islam mondiale guarda con rispetto e ammirazione.

Sono convinto che per queste ragioni da Abu Dhabi arriverà un messaggio, al mondo intero di pace e speranza. E credo che punto centrale di questo messaggio sia la ricerca di un impegno comune per costruire un mondo migliore sulla base del rispetto reciproco e della collaborazione.

La portata va oltre gli Emirati e la penisola arabica. I due grandi leader religiosi porranno, a mio avviso, anche una grande forza visionaria e geo-strategica nel loro messaggio, se è vero, come è vero, che quando le religioni e i loro più alti leader pastorali lavorano insieme, in quel momento emerge il migliore antidoto contro la propagazione dell’odio, dell’estremismo, contro i messaggi di violenza.

E immagino che l’evento centrale, unico, forse, nella storia finora, la messa del Papa in Abu Dhabi, permetterà di raccogliere fedeli che pregano insieme, provenienti da decine, forse centinaia di diverse nazionalità, quelle che sono accolte negli Emirati Arabi Uniti, in nome di un messaggio comune e globale, come globali sono le sfide del mondo. Darà un segnale inconfondibile: la collaborazione e la comprensione reciproca tra culture e religioni differenti è elemento determinante – forse il più importante – per una pace e coesistenza globale, e per un dialogo tra le diverse civiltà.

Questo è il senso profondo della visita di Francesco negli Emirati Arabi Uniti e credo che si debba dare alla leadership emiratina il riconoscimento di aver meritato questa scelta papale, per l’impegno che questo Paese ha avuto ed ha in aree di crisi particolarmente delicate del mondo, lavorando sempre alla ricerca del dialogo piuttosto che del confronto e dello scontro, cioè esattamente quei valori assoluti che le grandi religioni monoteistiche – il cristianesimo, l’islam, l’ebraismo – hanno sempre considerato come fondamenti essenziali: il diritto non negoziabile alla vita e alla dignità di ogni persona umana.



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