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La metamorfosi del premier Giuseppe Conte

Che le liti e le punzecchiature, spesso aspre, fra i due contraenti del patto di governo fossero destinate ad aumentare mano a mano che ci si sarebbe avvicinati alle elezioni europee, era facilmente immaginabile. Che però Giuseppe Conte perdesse quell’immagine di terzietà, o “notarile”, che si era fin qui costruita e mostrasse, anche nelle uscite pubbliche, di prepondere per il partito di maggioranza relativa che lo ha espresso, questa sì che è una novità e, come tale, va interpretata politicamente.

Senza dubbio sono da considerare la crescita politica e la sicurezza acquisita sul campo dal presidente del Consiglio, suffragata da un consenso personale elevato attestato ogni giorno dai sondaggi. Non metterei invece nel conto le ambizioni personali, ma non certo per il fatto che esse siano state smentite dall’interessato quando ha detto che non ci sarà una sua seconda esperienza governativa: in politica, infatti, le promesse valgono poco e i no di oggi sono spesso i sì di domani. L’ipotesi più probabile, invece, è che sia stata la stessa centrale decisionale del Movimento 5 Stelle a chiedere questa metamorfosi al premier. I pentastellati sanno infatti di trovarsi in un momento di crisi, cruciale per la loro stessa esistenza futura. Come uscire dalle difficoltà incontrate sul loro cammino in quest’anno scarso di governo? Perché l’esperienza governativa ha penalizzato loro e fatto crescere a dismisura Salvini? Sarebbe utile tagliare ora la corda e ritornare all’opposizione?

L’impressione è che la risposta più sensata a quest’ultima domanda è che per il Movimento, per la sua stessa sopravvivenza, sarebbe sbagliato sia tornare all’opposizione sia continuare a stare al governo nel modo in cui c’è stato finora, cioè con una “alleanza alla pari” con la Lega. L’esigenza è piuttosto quella di continuare a starvi ma facendo pesare sempre più nelle scelte governative i numeri che hanno in parlamento. Di qui il tentativo di “ridimensionare” Salvini. Ma di qui, soprattutto, la mossa di un Conte “arruolato”, oltre che spendibile “arma di riserva” qualora l’immagine di Luigi Di Maio si deteriorasse ulteriormente nei prossimi mesi.

La scommessa pentastellata si gioca però su un azzardo: sulla speranza cioè che Salvini faccia un passo indietro su molti fronti pur di restare al governo ed evitare l’abbraccio con una Forza Italia ancora sotto il tiro di Berlusconi. Che l’azzardo in sé sia grosso, è evidente. Ma va detto che un Berlusconi per nulla domo, e anzi pure candidato alle europee, come quello che sta venendo fuori in questi giorni, è oggettivamente un alleato di fatto del Movimento.

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