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Perché in Brasile dilaga (ancora) la violenza

Era una delle principali bandiere del suo programma elettorale, ma per ora il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, non è ancora riuscito a sconfiggere la violenza. Con la strage della scuola di Suzano, a São Paulo, il dibattito si è riaperto. Dieci morti, tra cui 5 minorenni, è il bilancio provvisorio del massacro che ha sconvolto il Paese sudamericano e non solo.

“È la scena più triste che ho visto in vita mia”, ha raccontato il governatore di São Paulo, João Doria, dopo avere visitato la scuola. Il presidente Bolsonaro ha decretato tre giorni di lutto e ha espresso le sue condoglianze su Twitter: “È una mostruosità e un atto codardo senza confronti”. Per il segretario di Sicurezza pubblica statale, il generale João Camilo Pires, si tratta di “un episodio di infinita tristezza per le famiglie, per Suzano, São Paulo e per tutto il Brasile”.

La violenza con armi di fuoco è, purtroppo, molto comune in Brasile, ma le sparatorie in scuole poco frequenti. L’ultimo episodio simile risale al 2011, quando un ex studente uccise 12 bambini in una scuola a Realengo, nello Stato di Rio de Janeiro.

La strage di Suzano avviene quando si è riacceso il dibattito sulla liberalizzazione, dal 13 marzo, per l’acquisto e il porto d’armi introdotta con la riforma di Bolsonaro dello “Statuto sul disarmo”. Il decreto, che risale al 2003, restringeva l’accesso e imponeva limitazioni amministrative per accedere al porto delle armi. Bolsonaro, invece, ha aumentato la durata della licenza da 5 a 10 anni ed ha eliminato il requisito di dovere argomentare davanti alla Polizia Federale il perché si ha bisogno di un’arma. “Con queste nuove misure – ha detto il presidente – e l’accesso alle armi più flessibile, siate sicuri che la violenza diminuirà”.

“Se i professori fossero stati armati, e anche gli impiegati, la tragedia di Suzano non sarebbe accaduta”, ha dichiarato il senatore brasiliano Sergio Olímpio Gómes, grande sostenitore di Bolsonaro. Le sue parole ricordano quelle pronunciate dal presidente americano Donald Trump dopo la strage di Parkland nel 2018.

Alla fine del 2018, il Brasile manteneva ancora il primato mondiale delle nazioni con più omicidi con armi da fuoco. Secondo il report di Global Mortality From Firearms, tra il 1990 e il 2016, nel Paese sudamericano sono morte 43.200 persone, mentre negli Stati Uniti 37.200. Il numero di omicidi da arma da fuoco è aumentato dal 40% al 70%.

Uno studio dell’Istituto di Ricerca Economica Applicata e del Foro Brasiliano di Sicurezza Pubblica sostiene che negli ultimi 10 anni si sono registrati 553mila omicidi. E che il Paese vive il momento più violento della sua storia.

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