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Salvini e Berlusconi alla resa dei conti? Ecco cosa si muove nel centrodestra

Salvini, centrodestra

Il redde rationem fra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini sembra avvicinarsi al capolinea. Al primo che ieri aveva definito “coglioni”quanti appoggiano il governo gialloverde, il secondo ha risposto duramente stamattina a Melfi durante un comizio: “Eccolo quel coglione…”. Salvini ha poi rivendicato i risultati raggiunti in nove mesi di governo e sottolineato la lealtà e correttezza dei suoi alleati. Infine ha velatamente minacciato l’ex Cavaliere di uscire dalle alleanze locali: “Con Berlusconi governiamo bene a livello locale, però, se mi dà del coglione se sono al governo nazionale…”.

L’episodio odierno è l’ultimo di una guerra che proprio negli ultimi giorni sembra stia raggiungendo il suo acme. Fra le tante fratture che trasversalmente percorrono il quadro politico attuale, quella che interseca la Lega è, in effetti, la più paradossale. Matteo Salvini, alleatosi con le altre forze di centrodestra nella scorsa campagna elettorale, ha poi dato vita, come è noto, a un’alleanza governativa con i Cinque Stelle, tenendo però in piedi a livello locale l’altra e forse più naturale liason: quella con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni. Da un punto di vista sostanziale, non c’è contraddizione, in verità, in questa necessitata politica salviniana dei “due forni”. Effettivamente, la Lega da una parte è più vicina ai Cinque Stelle che non a Forza Italia, dall’altra il contrario. Con i pentastellati, essa condivide la volontà di mandare a casa le vecchie e fallite classi dirigenti del Paese; con i forzisti e Fratelli d’Italia, una comune visione di di destra, seppur con sfumature e gradazioni diverse. Ma il punto sta proprio qui: per far valere questa visione, Salvini deve mettere fuori gioco politicamente l’ex Cavaliere e portare il grosso di Forza Italia dalla sua parte. Quella con Berlusconi è stata infatti sin dall’inizio non solo una battaglia personale di leadership, ma anche una lotta ideale fra una visione europeista e un’altra decisamente sovranista.

In questa lotta fratricida a destra, Salvini ha incassato negli ultimi giorni vari punti a favore, che ora deve provare a giocarsi. Prima di tutto, la morte di Imane Fadil, riportando all’attenzione l’eterno caso Ruby, è stata strumentalizzata a sinistra, tanto che i giornali vicini a quella parte politica hanno cominciato a fare titoli del tipo: “La donna che sapeva troppo”. Un modo perfido, direi, per chiamare in causa i processi a Berlusconi per le vecchie vicende delle “olgettine”. Salvini è sicuramente convinto del gioco sporco che si sta giocando sulla vicenda, prima ancora che ne siano chiari i contorni. Intanto, però, egli non può che incassarne il risultato.

C’è poi la vicenda, meno tragica e anzi forse addirittura assurda, che sta toccando Antonio Tajani, il più europeista e antisalviniano dei forzisti: la sinistra, ossessionata e accecata dalla ideologia del “fascismo eterno”, ha crocifisso il presidente del Parlamento europeo per una sua vaga e tutto sommato insignificante, per quanto imprudente, affermazione su Benito Mussolini. Anche in questo caso essa sembra lavorare, come spesso è avvenuto nel passato, proprio per quello che considera essere il suo nemico numero uno, cioè appunto Salvini. Il quale si vede azzoppare, senza muovere un dito, proprio il politico berlusconiano a lui più inviso.

La mossa più insidiosa però per Berlusconi è tutta politica, e porta la firma di Giovanni Toti, il più antieuropeista dei forzisti, legato da rapporti personali con il leader leghista. Il governatore della Liguria ha infatti annunciato di essere pronto a dar vita, subito dopo le europee, a un nuovo soggetto politico con Giorgia Meloni e Nello Musumeci, il governatore della Sicilia, che sia quella “seconda gamba” del centrodestra a guida salviniana che Berlusconi non vuole e forse non può far nascere. “Salvini è la prima – ha detto Toti- noi dobbiamo riprendere consenso aprendoci ai cattolici, alla destra sociale, ai liberali”. Più chiaro di così?

In definitiva, si può dire che centrodestra unico e plurale, seppur con un capo riconosciuto che la leadership se l’è conquistata sul campo, se nascerà, porterà sicuramente un po’ di chiarezza e ordine in un panorama confuso. Per il sistema Italia è certamente auspicabile.

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