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Nel Movimento 5 Stelle è giunta l’ora della “soluzione Conte”?

Ci siamo abituati: la politica italiana, come un Crono affamato, divora i suoi figli sempre più velocemente. Quel che però sta accadendo ai Cinque Stelle, stando ai sondaggi e anche agli ultimi risultati elettorali, è davvero da manuale: i consensi non solo flettono di giorno in giorno ma precipitano clamorosamente. Né si può dire che sia il governo a essere giudicato male, visto che gli alleati leghisti sembrano seguire il percorso esattamente opposto. E considerato anche che l’esecutivo nel suo complesso, e in primo luogo il presidente del Consiglio, hanno un indice di gradimento decisamente alto. Tanto che proprio Giuseppe Conte che secondo molti, non solo in Italia, era destinato al ruolo di “burattino”, sta emergendo prepotentemente con una sua autonoma personalità politica.

Lungi dall’essere un mero “notaio”, come lui ancora ama definirsi, il presidente del Consiglio sarebbe diventato addirittura, stando a quanto si legge oggi su La Repubblica, l’ancora di salvataggio del Movimento. Per evitare una ulteriore erosione dei consensi che metterebbe definitivamente ko i Cinque Stelle, l’idea, secondo le indiscrezioni, sarebbe quella di creare delle “liste civiche” intestate a Conte che poi, in sede elettorale, si alleerebbero col Movimento. Staremo a vedere se questa ipotesi maturerà, intanto dobbiamo chiederci perché ai seguaci di Grillo e Casaleggio sta succedendo tutto questo e così rapidamente. Proviamo a dare qualche risposta, nessuna delle quali ci sembra adeguata però a spiegare da sola, o anche in modo prioritario, l’annunciata e in parte già consumata débacle.

L’INESPERIENZA

È un elemento che sicuramente conta, visto il ricambio di classe dirigente e anche generazionale che i pentastelllati sono riusciti a realizzare, portando in Parlamento e mettendo in primo piano in importanti gangli dello Stato persone fino a poco tempo fa lontane anche mentalmente dalla politica. Ma allora perché Conte si è sottratto a questo destino?

LA LOTTA FRATRICIDA O INTERNA

Non dare all’esterno un’immagine se pur minima di coesione è senza dubbio un danno. A maggior ragione considerando il fatto che la politica mediatica, su cui i Cinque Stelle più di altri hanno costruito il loro successo, esige leader forti e “partiti personalizzati”. Luigi Di Maio in qualche modo ha tentato di accentrare in sé i poteri, ma l’impressione è che troppi galli, e per di più in modo confuso, cantino in pollaio. Egli stesso d’altronde, aggregando al potere per un certo periodo (in modo spontaneo o no poco importa) il “movimentista” Alessandro Di Battista, ha trasmesso all’esterno l’impressione di essere poco solido e stabile nei comportamenti.

CONTRADDITTORIETÀ DELL’AZIONE

È un risultato del punto precedente, ma anche il portato di una post-politica che agisce per issues, obiettivi, e non in un’ottica sistemica, cioè con una visione generale seppur solo abbozzata. Se a questo si aggiunge che alcuni di questi obiettivi sono stati assunti in modo ideologico e fideistico, poco adatto allo svolgersi pragmatico della politica, il quadro è ancora più completo.

LA CORRUZIONE

Aver fatto dell’onestà un valore assoluto e prepolitico rende ancora più gravi gli episodi di corruzione che stanno emergendo in queste ore nella giunta capitolina, ma che in verità erano venuti fuori anche in diverse altre occasioni recenti. Nulla è più deleterio, a livello di immagine pubblica che dare l’impressione di usare due pesi e due misure, di essere garantisti con i propri e giustizialisti con gli altri.

Come possono i Cinque Stelle venire a capo di questa situazione? Direi che bisognerebbe avere l’onestà di ammettere che proprio ciò che doveva rappresentare l’originalità e la modernità del Movimento si è rivoltato contro di esso. Grande intuizione quella di aver capito che sono i media, anzi i new media, con i loro linguaggi e la loro forma di comunicazione e partecipazione attiva, il campo principale in cui si gioca oggi la politica. Grave errore averne dato la declinazione che se ne è data, ad esempio con la piattaforma Rousseau. Ci vorrebbe ora un guizzo vero che facesse rinascere su nuove basi, più culturalmente appropriate, un Movimento che era nato per cambiare ma che rischia di finire suonato. La soluzione Conte, forse, dovrebbe essere assunta in modo ancora più radicale.

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