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8 Marzo tra cortei e mimose. Straordinarie armi di distrazione di massa

Oggi, 8 marzo, si sciopera in tutta Italia, contro le difficoltà, i ritardi, talvolta i rischi anche fisici connessi all’essere donna nell’Italia all’alba del terzo millennio. Nessuno, dotato di media intelligenza e buon senso potrà mai dirsi contrario. Sui principi, siamo tutti d’accordo, altra faccenda è lo strumento scelto, per ribadire il percorso che ancora attende la nostra società. Vale a dire il classico, inutile e ormai scontatissimo sciopero. Oltretutto di venerdì.

Se si vuole fare affogare il richiamo a temi di straordinaria rilevanza, nel disinteresse o peggio nella rabbia per l’ennesimo disagio, la scelta di scioperare oggi è perfetta. Sarà banale, ma noi non abbiamo bisogno dell’ennesima e stanca agitazione e della solita manifestazione vista non so quante volte, abbiamo bisogno di far lavorare di più le donne. E meglio.

I ritardi, a cui accennavamo in apertura, sono sotto gli occhi di tutti. Secondo una recentissima indagine, commissionata dall’Ibm, per chiudere il “gender gap”, nella media dei Paesi sviluppati, si dovrà aspettare il 2073. Una data raggelante, per chiunque non si accontenti di una manifestazione al colore di mimosa e pensi alla sostanza dei problemi.

Solo il 18% delle posizioni apicali delle aziende è occupato da una donna, non si ha praticamente memoria di direttori donna, a capo dei più importanti mezzi di informazione. Gli amministratori delegati sono praticamente tutti uomini, le donne continuano a concentrarsi, ancora oggi, in determinati settori, dalla comunicazione al marketing. Nulla in contrario, anzi, ma è del tutto evidente che la strada da percorrere sia ancora lunghissima. Va affrontata con coraggio e forse una predisposizione mentale diversa: la strada dei diritti è sacrosanta, ma il dosaggio degli stessi non può essere un tabù. L’Italia, è una specie di Paese-scuola, nell’insopportabile spaccatura fra donne iper-tutelate e per nulla tutelate. Naturalmente, nessuno può pensare di smontare conquiste di straordinaria importanza, però un’analisi di ciò che non funziona, nel nostro welfare al femminile, dobbiamo pur avere il coraggio di farla. Quante giovani donne, oggi come oggi, possono accedere alle tutele piene? Quante, viceversa, si devono accontentare di poco o nulla, accettando di rinviare la maternità e altre scelte di vita, perché il nostro mercato del lavoro è un insostenibile mix di flessibilità eccessiva e troppa rigidità?

Nessuno ha la bacchetta magica e la soluzione miracolosa, ma sarebbe fondamentale che il dibattito pubblico si occupasse anche di problemi come questi e non solo delle solite, sfibranti polemiche, che interessano gli addetti ai lavori e i frequentatori dei palazzi istituzionali.

Sono temi che fanno paura e molto probabilmente non portano voti, ma affrontarli farebbe tutta la differenza fra l’essere classe dirigente o dei semplici affittuari del potere. Un corteo e una mimosa restano straordinarie armi di distrazione di massa.

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