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Il benessere oltre il Pil, il connubio clima-economia che tiene insieme il Pianeta

Terra

Riconversione industriale e produttiva in chiave ‘green’ per entrare con tutti e due i piedi nell’era dello sviluppo sostenibile, e riuscire in un sol colpo a tutelare l’ambiente, la salute umana, creare nuovi posti di lavoro e ridare il sorriso alla società. Questa la strada da seguire per guardare al futuro del Pianeta cercando di tenere insieme, in un connubio ormai non più rinviabile, clima ed economia. Il respiro dell’argomento è planetario, come detto, ma il nostro contesto di riferimento è quello europeo. Tanto che il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, nel suo ultimo viaggio a Bruxelles, è stato chiaro su almeno due aspetti. Il primo assume le tonalità ‘medie’ della questione socio-economica: il bilancio dell’Ue – ha fatto presente Costa dopo la riunione sulla Strategia a lungo termine sul clima su cui l’Europa è impegnata – deve tenere in considerazione le sfide sociali ed economiche, l’impatto sul mercato del lavoro della transizione verso un’economia a ‘zero emissioni’; questo perché “nessuno deve rimanere indietro”.

Il secondo aspetto è l’aver ribadito un ‘no tombale’ all’energia nucleare (con l’assicurazione dell’arrivo entro il 2019 dell’elenco delle aree potenziali per ospitare il deposito di scorie nel nostro Paese), ricordando quanto sia importante sbloccare gli investimenti sulle nuove tecnologie per la mitigazione agli effetti dei cambiamenti climatici.
Insomma economia e clima sono sempre più intrecciati in un legame indissolubile. In particolare i cambiamenti climatici hanno dei costi che ricadono soprattutto sulla società, sulla qualità della vita e sul benessere delle persone: in sostanza le emissioni di CO2, che causano inquinamento e sono alla base del riscaldamento globale, costano al Pianeta in termini di perdita di patrimonio naturale, con ricadute sulla popolazione.

L’economia del benessere – spiega Jean Paul Fitoussi, economista dell’Istituto di studi politici di Parigi, intervenendo alla Camera al convegno L’economia del benessere: la rivoluzione possibile, che aveva al centro anche un approfondimento sull’indice del Benessere equo e sostenibile (Bes) – è “una rivoluzione, ma i governi non l’hanno capito”. A qualcosa di simile pensa il presidente della Camera Roberto Fico quando esprime il proprio timore sul fatto che negli ultimi decenni si sia “tenuto quasi esclusivamente conto di un solo parametro, facendo di conseguenza delle scelte sbagliate: abbiamo utilizzato in modo improprio il Pil”; quest’indice infatti “dà conto unicamente della produzione economica del mercato, dimenticando che la prosperità dipende anche e soprattutto dalla qualità della vita dei cittadini, assicurata da attività e servizi non di mercato”.

In secondo piano sono stati posti “i bisogni e le condizioni reali delle persone”, tralasciando così gli impatti di una “logica della crescita a tutti i costi” su clima, ambiente, risorse energetiche, giustizia sociale e assetti globali”. Ed è qui che – secondo Fico – entra in gioco il cambio di modello economico, la riconversione ecologica della produzione, la rivoluzione: e cioè la consapevolezza di cambiare il paradigma del sistema produttivo e di passare da un’economia lineare a un’economia circolare. Cosa che posta di fronte alle previsioni negative dell’Ocse sul Pil italiano (unicamente su quello) al 2019, deve far riflettere; l’Interim Outlook racconta di una chiusura dell’anno con una flessione dello 0,2% sul 2018, contro il più 0,9% stimato a novembre. E questo senza tener conto dell’indice di benessere e della qualità della vita delle persone.

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