Prevenire le minacce, combattere attacchi e manipolazioni che minano le democrazie, costruire una rete di cooperazione internazionale per sostenere il fact cheching: sono stati i tre punti principali della lezione tenuta dalla Commissaria per l’economia digitale Mariya Gabriel agli studenti della Scuola di Giornalismo della Luiss ieri in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2018/2019, a conclusione dell’evento organizzato dal direttore Gianni Riotta. Il tema di quest’anno ruota intorno alla disinformazione, male del nostro tempo.
SFIDE E OBIETTIVI DELLA COMMISSIONE
La commissaria per l’economia digitale Mariya Gabriel non si risparmia e sprona le aziende a fare di più, partendo da una collaborazione più intensa con i fact checkers indipendenti e con il mondo accademico: “Dobbiamo assicurarci – ha detto nel suo intervento al convegno – che i cittadini possano avere accesso ad una informazione di qualità e oggettiva che consenta loro di prendere decisioni informate”. Se da un lato si vuole fornire più strumenti ai cittadini per informarsi tramite fonti credibili, dall’altra la Commissione chiede alle Big Tech di fornire, nel rispetto del GDPR, i dati sul fenomeno della disinformazione agli studiosi, in modo che possano tracciarlo e carpirne a fondo l’impatto.
LE MISURE IN ATTO PER CONTRASTARE LA DISINFORMAZIONE
La Commissione Europea, ha detto l’esponente europeo della Digital Economy and Society, è impegnata oggi con azioni concrete su molteplici fronti, dalla Comunicazione dell’aprile 2018 per un approccio europeo e meccanismi di autoregolamentazione intesi a contrastare la disinformazione online al Piano di Azione anti-fake news lanciato a dicembre 2018 – volto ad intensificare gli sforzi per contrastare la disinformazione in Europa – al fine di tutelare i propri sistemi democratici e i dibattici pubblici e in previsione delle elezioni europee del 2019 fino alla task force di 39 esperti internazionali.
IL CODICE DI CONDOTTA
Ad ottobre 2018 i colossi del web, tra cui Facebook, Google, Twitter, Mozill, hanno sottoscritto su base volontaria il codice di buone pratiche dell’Ue sul tema della disinformazione, un insieme di norme non legislative che prevede trasparenza nelle pubblicità elettorali, eliminazione di account falsi, identificazione dei bots e collaborazione con fact checkers e ricercatori, e saranno monitorati per verificarne l’applicazione. La Commissione senza dubbio riconosce i passi avanti che sono stati fatti ma chiede sforzi ulteriori, infatti vuole bloccare ogni possibilità che chi diffonde fake news possa avvantaggiarsene economicamente grazie ad esempio ai banner pubblicitari, chi paga gli spazi pubblicitari possa avere le garanzie che la propria pubblicità compaia solo in “spazi sani”. Allo stesso tempo è importante dare conto al pubblico di come vengono spesi i soldi nelle campagne elettorali e su quali temi. Per debellare infine i falsi account e i bot, è stato chiesto ai social come Facebook e Twitter di adottare delle policy che ne facilitino l’identificazione e la rimozione.
LA CULTURA PRIMA DELLA TECNOLOGIA
“La Scuola di Giornalismo è uno spazio di generazione di conoscenza capace di fornire strumenti di interpretazione e approfondimento esponendo gli studenti a problematiche rilevanti”, queste le parole del rettore Prencipe in apertura, che ha sottolineato la vocazione internazionale della scuola e i tre pilastri che la guidano. La prima è appunto lo spazio, il secondo gli strumenti di interpretazione e approfondimento delle problematiche e il terzo – più importante forse di tutti – gli studenti, la vera risorsa fondamentale. Il direttore generale Gianni Lo Storto ha invece ricordato come la cultura sia il vero strumento di contrasto alla disinformazione oggi. E infatti, il rapporto dell’High Level Ue parla di e-education, bisogna ripartire dalle scuole per insegnare come informarsi, criticamente, online, chiedendo ai media trasparenza, offrendo così ai cittadini e ai giornalisti (anche con corsi di formazione su Big Data e reti) le informazioni necessarie per fiutare e sradicare le notizie false, difendendo un ecosistema aperto all’informazione.
I PROTAGONISTI
A introdurre e orchestrare i lavori in modo magistrale Gianni Riotta, giornalista, docente e direttore della Scuola di Giornalismo, che ha messo in guardia la platea. Secondo, Riotta infatti, ci vorrà molto tempo per ricostruire la fiducia tra i media e il pubblico e bisognerà partire dall’ascolto e dalla comprensione perché in ballo c’è la stessa democrazia per come la conosciamo. “La rete ha un lato oscuro che pone più problemi rispetto al passato. Il punto cruciale oggi è come preservare l’informazione di qualità per salvaguardare la democrazia” ha sottolineato Riotta. “Siamo come in un’era post-bellica in cui c’è molto bisogno di alfabetizzazione digitale” gli ha fatto eco il professore di algoritmi e computer science Luiss Giuseppe Italiano, tra i protagonisti del dibattito insieme a Giuseppe Abbamonte, direttore Politica dei Media della Commissione Europea che ha anticipato come “con il nuovo codice di condotta il monitoraggio dei contenuti e delle pubblicità online è molto più attento e agile”. Per Diego Ciulli, public policy manager di Google Italia. “C’è sempre più bisogno di bravi giornalisti e buon giornalismo. Come motore di ricerca – ha dichiarato Ciulli in Luiss – la disinformazione ci pone una sfida su come e quali contenuti di qualità promuovere ai nostri utenti”. Fact checking, intelligenza artificiale e sensibilizzazione negli utenti attraverso segnalazioni, la ricetta di Laura Bononcini, public policy director di Facebook, “vogliamo che le persone si prendano la responsabilità di tutto quello che dicono” ha aggiunto Bononcini. “Le bugie fanno male al business. Oggi le aziende possono raccontarsi e agire come media company, utilizzando gli strumenti del buon giornalismo per raccontarsi” queste invece le parole di Marco Bardazzi, communications director di Eni. Alla Luiss anche due figure di spicco dei media, Antonio Di Bella, direttore di Rai News, che ha evidenziato come “sia importante che i giornalisti lavorino in maniera collettiva per verificare l’attendibilità delle notizie”, e Marco Pratellesi, condirettore di AGI che ha invece evidenziato l’impegno di AGI nel fact checking quale vera battaglia del nostro tempo e che serve essere uniti per la formazione dell’opinione pubblica.
RECUPERARE FIDUCIA
Non sono mancati gli interventi dalla platea, tra cui di particolare valore le parole di padre Francesco Occhetta: “Le competenze del giornalista oggi servono a denunciare il male per costruire il bene, a iniettare fiducia per evitare le guerre tra vicini e a costruire comunità e un nuovo modello di sviluppo”. “Occorre un metodo scientifico del giornalismo basato su parzialità, selettività e accuratezza, oltre a maggiore responsabilità nell’uso e nell’analisi dei dati” così la professoressa Livia De Giovanni, presidente della Scuola di Giornalismo Luiss, chiude l’inaugurazione del nuovo Anno Accademico ricordando le parole di Massimo Baldini.