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Un National Security Council italiano per contrastare la minaccia ibrida

La “guerra politica” [detta anche “guerra ibrida”] si fonda sull’uso combinato e sinergico di diversi strumenti di potere a disposizione di uno Stato – militari, diplomatici, politici, tecnologici, d’intelligence, economico-finanziari, mediatico-comunicativi e psicologici – al fine di influenzare e destabilizzare un paese avversario o concorrente sfruttando le sue vulnerabilità sociali, economiche e politiche.

LA GUERRA POLITICA

Un’azione di guerra politica può consentire a uno Stato [oppure a un’entità non-statale] di raggiungere i propri obiettivi politico-strategici senza ricorrere a un conflitto armato, minimizzando se non eliminando l’impiego della violenza.
La political warfare moderna – sviluppata e praticata ai tempi della Guerra Fredda da Stati Uniti e Unione Sovietica – oggi ha acquisito connotati inediti in relazione allo sviluppo di nuove tecnologie e alla competizione tra grandi potenze in un mondo globalizzato.
La guerra politica punta ad acutizzare le divisioni e la polarizzazione socio-politica all’interno del Paese-bersaglio, ad alimentare la sfiducia della sua popolazione nei confronti delle Istituzioni, a indebolire lo Stato e le sue alleanze internazionali. Per conseguire tali obiettivi lo Stato aggressore utilizza simultaneamente due o più strumenti cosiddetti “ibridi”: a] propaganda, disinformazione e guerra psicologica tramite mass media tradizionali e social media; b] covert operations dei servizi segreti; c] attacchi cibernetici e cyber-spionaggio; d] pressioni economiche; e] sostegno a movimenti sociali e partiti politici; f] manipolazione di processi elettorali; g] finanziamenti a favore di università, istituti culturali e centri di ricerca; h] corruzione politica ed economica; i] impiego della criminalità organizzata con finalità di influenza; j] interventi militari dissimulati e uso di forze speciali; k] minacce di aggressione militare con armi convenzionali o nucleari [o con altre armi di distruzione di massa].

GLI OBIETTIVI E LA STRATEGIA

Gli attacchi di guerra politica (al tema è dedicato un corso di alta formazione promosso dall’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici e dalla Società Geografica Italiana, che si terrà a Roma il 5-6 aprile e il 12-13 aprile 2019) mirano deliberatamente a creare confusione e ambiguità, nei decisori politici e nella popolazione dello Stato avversario, circa la reale esistenza e la provenienza della minaccia. A tal fine viene intenzionalmente offuscata la distinzione fra pace e guerra, mantenendo il livello di ostilità al di sotto della soglia dell’aperto conflitto militare. Lo Stato aggredito, pertanto, non sempre percepisce l’attività ostile in maniera chiara e tempestiva e per questo non predispone le necessarie contromisure.
Russia e Cina, le due più grandi potenze del mondo non-occidentale, sono oggi gli attori geopolitici che praticano la political warfare con maggiore intensità e sistematicità a livello globale. Le strategie di guerra politica di Mosca e Pechino hanno caratteristiche molto diverse tra loro, ma sono entrambe finalizzate alla tutela della propria stabilità autoritaria interna e alla crescita del proprio potere sulla scena internazionale.
I servizi d’intelligence americani ed europei da qualche anno segnalano che le attività di guerra politica russa e cinese non si rivolgono soltanto alle rispettive aree d’influenza: tali attacchi puntano anche a indebolire le democrazie occidentali sul piano interno e internazionale, e costituiscono appunto una minaccia “ibrida”.
Le innovazioni tecnologiche nel campo dell’intelligenza artificiale e del machine learning, insieme alla crescente disponibilità di big data, consentirà un notevole potenziamento degli strumenti di political warfare, a disposizione di questi due attori, specie per quanto riguarda le tecniche di disinformazione e influenza tramite social media.
Le minacce ibride, derivanti da azioni di guerra politica, impongono a tutti i Paesi occidentali, Italia compresa, di ripensare le proprie strategie di sicurezza nazionale e d’intelligence. Come evidenziato nell’attuale dibattito in ambito Nato e Ue, solo un approccio olistico e integrato alla sicurezza può consentire a un paese di fronteggiare efficacemente il fenomeno della guerra politica: tutte le Istituzioni dello Stato e tutte le componenti della società devono partecipare agli sforzi di prevenzione, contrasto e rafforzamento della resilienza e della coesione nazionale.

LE ESIGENZE DA SODDISFARE

L’elevata complessità e gli elementi di radicale novità che caratterizzano le minacce ibride rendono sempre più necessario introdurre significative innovazioni nel sistema di sicurezza nazionale italiano. Vanno sottolineate, in particolare, le seguenti tre esigenze:
1) Poiché le azioni di guerra politica mirano ad aggredire su più fronti la stabilità e la coesione socio-politica di un Paese, la pianificazione e attuazione delle contromisure devono necessariamente coinvolgere tutti i settori-chiave della società civile italiana;
2) La difesa del sistema-Italia dalle minacce ibride richiederà un livello sempre più elevato di coordinamento, integrazione e scambio di informazioni tra tutti i ministeri e dipartimenti preposti alla gestione della sicurezza. A tale scopo, secondo alcuni esperti, sarebbe opportuno istituire, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, un National Security Council italiano con funzioni di indirizzo strategico e coordinamento delle politiche di sicurezza;
3) Occorre potenziare e rinnovare profondamente l’intelligence e la counterintelligence italiana. I nostri servizi segreti non solo avranno il difficile compito di fornire al decisore politico informazioni, analisi, previsioni e early warnings circa operazioni di guerra politica, ma dovranno anche intervenire con covert operations per neutralizzare tali minacce. Inoltre, la nuova intelligence nell’era delle minacce ibride dovrà collaborare sempre più strettamente – soprattutto in campo Osint, sicurezza cibernetica e monitoraggio della disinformazione sui social media – con attori della società civile [imprese, istituti di ricerca scientifica, università, think tank, organizzazioni non-governative].

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