“Il Dragone in Europa: opportunità e rischi per l’Italia” si intitolava il seminario di studio svoltosi questa mattina alla Camera dei Deputati, nella sala della Lupa. Organizzato dalla Fondazione Fare futuro e da New Direction, il seminario ha insistito in verità soprattutto sui rischi che il nostro Paese corre e che si evincono dal memorandum che sarà firmato domani durante la visita di Stato a Roma del presidente Xi Jinping. Secondo il senatore Adolfo Urso, il promotore dell’incontro insieme all’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, l’Italia sta consegnando, senza un dibattito pubblico né parlamentare serio e nella più totale inconsapevolezza, le chiavi di casa ai cinesi. Detto altrimenti, sta cedendo sugli assi portanti della sovranità nazionale: le infrastrutture; la rete internet e la comunicazione, con i connessi problemi legati alla sicurezza cibernetica; il controllo dei mercati, soprattutto attraverso le vendite online. Senza contare che sui temi dell’Intelligenza artificiale, come per altri aspetti su quelli del 5G, la Cina è più avanti degli stessi Stati Uniti.
Dati alla mano, sulla penetrazione della Cina in Europa ha parlato anche Helena Lagarde, del Mercator Institute for China Studies, che ha tenuto la seconda relazione introduttiva. Sono poi intervenuti, insieme al sottoscritto: Alessia Arrighini, dell’Ispi; Giorgio Cuscito di Limes; il senatore Giovanbattista Fazzolari, di “Fratelli d’Italia”; Andrea Margelletti, del CESI; e l’ambasciatore Terzi, che ha concluso. Quello che è venuto fuori un po’ da tutte le relazioni è che la Cina è da considerarsi, insieme agli Stati Uniti, che è ormai il suo unico competitor, l’attore globale più potente. E che sta tentando, con molta lungimiranza, di rafforzare ancor più il suo potere sottraendo alla sfera d’influenza statunitense alleati storici come l’Italia. È questo il senso ultimo, geopolitico e culturale prima ancora che economico, della visita in Italia e in genere della Belt and Road.
Quella che noi continuiamo a definire “romanticamente” la “nuova via della seta” è per la Cina, uno Stato assolutista in cui i poteri non sono separati, come un progetto globale di egemonia. Essa è stata recepita addirittura in Costituzione. Le domande che si pongono in prospettiva sono le seguenti: l’Italia vuole cambiare alleanze? È consapevole che la Cina non ha rispetto delle libertà personali e dei diritti umani? Perché non mettere dei paletti alla collaborazione? Perché le garanzie sono così labili? Perché “svenderci”? Non è strano che a farlo sia un governo che si definisce “sovranista”? Perché preferire una trattativa alla pari formalmente, ma che tale non è nella sostanza visti i diversi rapporti di forza fra i due Stati, ad una azione congiunta in sede europea?
In verità, l’Europa non ha le carte in regola su questa faccenda, visto che anche Francia e Germania, che oggi ci fanno la reprimenda, hanno rapporti forti e fondati su basi nazionali con i cinesi. Alcuni dei relatori hanno insistito sul fatto che i cinesi agiscono slealmente, ad esempio nei negoziati e nei contratti. E che la loro fumosità e ambiguità si riflette tutta anche nei trattati che l’Italia va a firmare. In verità, a confrontarsi, come ho messo in luce nel mio intervento, sono due strategie di azione e due culture molto diverse. Come ci ha mostrato con i suoi studi il filosofo francese Francois Jullien, la Cina è la nostra “esteriorità”: ha un pensiero autonomo e anche una lingua che è altra dalla nostra perché non indoeuropea. Alla logica del razionalismo, i cinesi preferiscono quella della propensione, cioè del lavorare sulle situazioni per farle pendere dalla loro parte. La nostra civiltà è aggressiva, la loro è più discreta (e forse perciò più pericolosa). Quella che a noi sembra ambiguità, è un lasciarsi aperte tutte le porte senza farsi irretire dalla logica razionalistica.
Helena Legarda ha mostrato, nel suo intervento, la double use all’azione in molte delle loro politiche strategiche: le loro tecnologie possono evolvere in senso pacifico ma anche militare. Ne siamo consapevoli? Significativo di cosa sia la mentalità cinese è un passo del grande stratega Sun Tzu: “le truppe vittoriose sono quelle che accettano il combattimento solo quando hanno già vinto”. E se la Cina avesse già vinto?