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Le ragioni dei populisti sull’immigrazione. Il libro di Daniele Scalea

I partiti e l’opinione pubblica “anti-immigrazione” non sarebbero mossi da razzismo, xenofobia, false percezioni, fake news o altri impulsi irrazionali, bensì da un calcolo razionale e corretto delle conseguenze dell’immigrazione di massa e del passaggio dallo Stato-nazione alla società multiculturale. Ecco in estrema sintesi la tesi di “Immigrazione. Le ragioni dei populisti“, libro di Daniele Scalea da poco pubblicato da Historica Edizioni nella nuova collana “Machiavellica”.

Historica è uno dei marchi editoriali di Francesco Giubileiattivo promotore di iniziative culturali d’impronta conservatrice, e la collana è frutto di una neonata partnership col Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli, il pensatoio vicino alla Lega e in particolare al sottosegretario Guglielmo Picchi (che ha anche firmato la prefazione al volume).

In questo libro Scalea lancia l’allarme principalmente sul futuro della demografia italiana, lavorando su dati e stime Istat e Onu per giungere alla previsione che, già prima della fine di questo secolo, gli italiani “etnici” perderanno la maggioranza assoluta nel Paese. Uno scenario, spiega l’autore, che coincide con quanto altri studiosi prevedono per i principali Stati dell’Europa occidentale, e che dunque renderebbe gli attuali flussi migratori un inedito storico. Oltretutto, argomenta Scalea passando dal piano etnico a quello culturale, è impensabile di fronte a tali cifre un’integrazione degli immigrati o dei loro discendenti: come già s’osserva per le seconde e terze generazioni in Francia o in Belgio, si consoliderà al contrario uno scollamento dalle nostre società.

La ricetta caldeggiata da Daniele Scalea è proprio l’opposto del multiculturalismo: lui ritiene troppo limitativa la sola “integrazione” e propone l’assimilazione degli immigrati. Il modello cui si fa riferimento è quello del melting pot americano, ma una precondizione per renderlo operante è a giudizio dell’Autore la drastica riduzione quantitativa dei flussi migratori. L’assimilazione è descritta come un obiettivo legittimo (gli immigrati scelgono di recarsi in Italia e qui beneficiano del suo stato d’avanzamento, conseguito dal lavoro delle passate generazioni di italiani, per migliorare la propria condizione economica) e favorevole per gli stessi immigrati: se vengono in Italia è perché sono attratti da un modello sociale che funziona e garantisce libertà e benessere. Perché mai – si chiede Scalea – gli immigrati dovrebbero rifiutare il modello che li ha attratti e conservare quello del Paese che hanno lasciato?

Particolarmente curato e interessante è il capitolo dedicato alle conseguenze economiche dell’immigrazione, in cui sono citati numerosi studi, tra cui quelli compiuti da autorevoli accademici come l’oxfordiano Paul Collier o l’harvardiano George Borjas. La rassegna presentata riesce sicuramente a convogliare l’idea che l’impatto economico dell’immigrazione sia di solito descritto con troppo ottimismo dai media. Oltre a suggerire che flussi troppo massicci abbiano un impatto negativo sui conti dello Stato, a fronte di nessun guadagno per la prosperità della nazione, il libro si concentra sulle esternalità che colpiscono i ceti medio-bassi autoctoni: occupazione, salari e Stato sociale sono tutti aspetti esaminati.

Gli altri aspetti toccati nell’opera sono la criminalità, il terrorismo, la situazione nel Mediterraneo, il “dovere dell’accoglienza” (tra virgolette perché, secondo l’argomentazione offerta e che si richiama anche a Kant, sarebbe un’invenzione odierna). Sorprenderà forse un po’ ma Scalea non approfondisce le questioni relative alle Ong e al “business dell’accoglienza”: la scelta dichiarata è di concentrarsi su quelle meno trattate dagli altri autori che, prima di lui, hanno offerto prospettive critiche del fenomeno migratorio. Il libro rimane infatti molto completo per le sue sole 168 pagine. Le opinioni in esso espresse sono sicuramente forti, ma sostenute con dati e pacatezza, rendendolo una lettura utile a prescindere dal punto di vista del lettore.

Un ulteriore motivo d’interesse è che Immigrazione. Le ragioni dei populisti adotta la prospettiva leghista e salviniana, in ben nota crescita nel Paese, traslandola però dal piano del semplice “buon senso” rivendicato dal ministro dell’Interno a quello di un argomentazione che, pur nello spazio e nell’informalità di un pamphlet, cerca d’avvicinarsi al rigore metodologico dello studioso accademico (Scalea non è professore, ma ha un Ph.D. e vanta nel curriculum alcune esperienze in ambito universitario). Non è il primo autore a farlo (tra i critici dell’immigrazione non sono mancati professori come Anna Bono, Giuseppe Valditara e Gian Carlo Blangiardo), ma Scalea si distingue per la prospettiva a 360 gradi sul fenomeno migratorio, e soprattutto per la scelta di distaccarsi dal focus sul momento emergenziale (la “crisi migratoria”) per offrire un quadro standard. Una politica migratoria di lungo corso, confezionata (come da titolo) su misura per i populisti.

 

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