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Negoziati in Nicaragua, tra l’ombra dei prigionieri politici e la debolezza di Ortega

Daniel Ortega

Questa settimana sono ricominciati i negoziati in Nicaragua. Il nunzio apostolico Waldemar Stanislaw Sommertag è stato uno dei testimoni e ha letto un comunicato – firmato dai rappresentanti del governo di Daniel Ortega e dall’opposizione – nel quale le parti si impegnano a lavorare nella definizione di un meccanismo per continuare il dialogo. Il rappresentante della Santa Sede in Managua non ha fornito più dettagli, ma ha anticipato che si è raggiunto un accordo su nove dei 12 punti presentati sul tavolo di negoziazione.

La situazione del Paese centroamericano però non sembra essere cambiata. Dopo i primi tentativi di dialogo a giugno del 2018, Ortega ha permesso l’arrivo di missioni speciali in Diritti Umani dell’Organizzazione di Stati Americani e delle Nazioni Unite. Entrambi hanno confermato la violazione di diritti umani da parte di forze dell’ordine.

Un articolo del quotidiano americano The New York Times scrive che circa 600 cittadini che avevano partecipato nelle proteste contro il governo di Ortega l’anno scorso sono ancora in carcere. Alcuni sono stati condannati per terrorismo a 216 anni di prigione.

Tuttavia, con il nuovo inizio dei negoziati tra l’esecutivo e la coalizione Alianza Cívica por la Justicia y la Democracia, sono state modificate alcune misure preventive. Il presidente Ortega avrebbe confermato la disponibilità del governo a riprendere il dialogo per “costruire una nuova strada, un nuovo cammino, che migliori le condizioni del paese e del popolo nicaraguense, per riprenderci più velocemente degli effetti del tentato colpo di Stato del mese di aprile”.

L’opposizione invece giustifica il ritorno sul tavolo di negoziazione come una forma per cercare di difendere le richieste della cittadinanza. Hanno detto che non cederanno nell’esigere la liberazione di tutti i prigionieri politici e la convocazione di nuove elezioni prima del 2021.

Luis Carrión, ex comandante della rivoluzione sandinista e dissidente del partito Frente Sandinista de Liberación Nacional (FSLN), ha dichiarato in un’intervista al New York Times che la nuova disposizione di Ortega di sedersi al tavolo con gli oppositori che ha accusato di terrorismo, è una chiara dimostrazione della debolezza del presidente del Nicaragua: “Ora è l’opposizione ad avere più potere per porre la bilancia del dialogo a suo favore e ripristinare la democrazia in Nicaragua […] Ortega sta prendendo aria. Vuole usare il dialogo per restare ancora al potere, almeno fino al 2021, e togliersi le sanzioni americane, rompere l’isolamento internazionale e potere presentare così un Nicaragua più normale”.

Con questa nuova fase di dialogo tra governo e opposizione (con la partecipazione di imprese private e anche della Chiesa) si interrompe lo stallo durato più di otto mesi in Nicaragua. Chissà per quanto.

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