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Referendum sulla Tav, il messaggio di Tajani a Salvini e agli industriali del nord

Più che per Treno ad Alta Velocità, Tav sta ormai per Tema ad Alta Vulnerabilità. Esso infatti nel dibattito politico sta assumendo un po’ quel ruolo che hanno i totem nelle tribù arcaiche. E la politica è proprio quell’attività che serve a regolare, in modo forse più “civile”, quei complessi giochi fra gli uomini che determinano all’interno delle comunità i reciprochi rapporti di forza. Più che per quel che è, la Tav va vista per quel che rappresenta.

E le forze politiche la usano come grimaldello per posizionarsi e per identificarsi. Così come non penso che sarà la Tav a generare una crisi irrimediabile fra le forze di maggioranza, così escludo che la minaccia che Antonio Tajani ha fatto di indire un referendum qualora il governo bloccasse il progetto possa rappresentare un concreto pericolo per l’esecutivo stesso. Prima di tutto, il referendum non potrebbe avvenire, tecnicamente, che fra un po’ di tempo, cioè quando il problema sarà uscito, in un modo o nell’altro, dal dibattito pubblico. In seconda istanza, non è detto che il suo esito sia scontato.

Il presidente del parlamento Ue ha fatto l’uscita che ha fatto per mandare, a mio avviso, due messaggi, da spendere tutti in questo momento: il primo a Matteo Salvini e l’altro ai ceti variamente produttivi del Nord che la Tav la vogliono. Al leader della Lega, Tajani ha voluto ricordare ancora una volta che l’alleanza con Di Maio è “contro natura”; agli industriali e ai piccoli industriali che hanno votato Lega, di aver fatto male i conti perché Forza Italia e non il partito di Salvini rappresenta al meglio i loro interessi.

Nulla di nuovo rispetto a quel che già sapevamo, ma la politica è fatta di reiterazioni. In democrazia, saranno poi gli elettori a fare i loro conti. E, come i clienti, gli elettori hanno sempre ragione (anche perché molto spesso, anzi quasi sempre, l’hanno vista meglio e più lunga delle loro classi dirigenti)

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