Al prossimo Consiglio dei ministri, si profilano animate discussioni tra le due forze di governo in materia di opere pubbliche. Accantonata, almeno per il momento la lite (parlare di “discussione” sarebbe un eufemismo di cattivo gusto) sulla Tav, ci si è accorti (ma molti lo sapevano da tempo e lo dicevano a voce chiara e forte) che l’Italia è letteralmente coperta di opere pubbliche finanziate ma mai iniziate (oltre che dell’incompleto sommerso, ossia opere iniziate e mai finite, del cui numero si è perso anche il conto). Le ragioni sono molteplici: da una complessa normativa sugli appalti alla riluttanza di dirigenti e di funzionari di prendere impegni per timore di una magistratura, soprattutto quella contabile, divenuta, a quel che si dice, troppo invasiva.
Invece di andare alla radice – cosa che richiede tempo e studio, attività difficile se si deve inseguire un ministro che sembra poco avvezzo alla materia ed è in continua campagna elettorale – si è pensato a prevedere nuove strutture (la Centrale per la progettazione ed Investitalia) nella legge di bilancio, senza riflettere che se i corpi dello Stato esistenti non funzionano bene, assemblaggi di precari (presi presumibilmente tra coloro che cercano lavoro) possono avere risultati migliori. Ci si è poi accorti che perché le nuove strutture inizino ad operare ci vuole un minimo di selezione e non solo pescare tra gli “amici (disoccupati) degli amici”. Occorre, poi, mostrare almeno qualche segno di azione per le incombenti elezioni europee.
Allora, la grande trovata: affidiamo il tutto ad un commissario nazionale o ad una pluralità di commissari. Il commissario nazionale (voluto da una delle due forze politiche che sorreggono l’esecutivo) consentirebbe al ministro di dedicarsi a tempo pieno alle prossime elezioni; non solo, però, darebbe ombra al responsabile del dicastero ma la sua scelta comporterebbe un negoziato non breve e non facile tra i due contraenti del “contratto di governo”. Allora un’altra scuola di pensiero propone una pluralità di commissari, sino a tante quanto sono le opere pubbliche (grandi, medie, piccole e piccolissime) da fare partire o da realizzare.
In questa discussione che ha del surreale, non si esamina in dettaglio quante e quali leggi potrebbero essere dal commissario o dai commissari e quale debbano essere le loro responsabilità ed i loro profili professionali. Pare che tutto verta su “come ti commissario il commissario nazionale o quelli, per così dire, locali”. La “fidelizzazione” pure recente pare essere il criterio dominante. E delle due forze politiche, una sembra di avere un numero molto maggiore di senza lavoro da fare diventare “commissari commissariati”. Vedremo come andrà a finire. Nel contempo, i corpi dello Stato assistono allo spettacolo, sorridendo e sogghignando.