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Con il reddito di cittadinanza aumenterà la disoccupazione. Parola di Assolavoro

“Con il reddito di cittadinanza aumenterà la disoccupazione, questo è il dato certo, perché coloro che chiederanno la misura erano lavoratori non attivi: né occupati né disoccupati. Con il via, da domani, delle richieste del reddito, potremmo trovarci nei prossimi mesi con delle statistiche che fanno lievitare la disoccupazione”. A parlare è Alessandro Ramazza, presidente di Assolavoro, L’associazione che rappresenta l’87% delle Agenzie per il Lavoro con oltre 2500 filiali sparse nel nostro territorio. “Senza dimenticare la disoccupazione giovanile – prosegue – vero tallone d’Achille del nostro Paese. Gli under 25 di fronte ad un sussidio di 858 euro e un lavoro magari nei call center o nella ristorazione: cosa sceglieranno?”.

Ma dove si è sbagliato secondo lei nel reddito di cittadinanza?

Siamo molto perplessi: un conto sono le politiche di assistenza e altro sono le politiche attive del lavoro, aver mischiato le due cose ha generato solo confusione.

Poi c’è il tema delle offerte del lavoro. Ma c’è lavoro oggi in Italia?

Si calcola che coloro che sottoscriveranno il patto per il lavoro e potranno quindi essere indirizzati verso un’occupazione sono circa un milione di persone. In base ai dati Excelsior le vere opportunità di lavoro nel nostro Paese sono circa 200mila mentre stanno crescendo i posti di lavoro part time e parcellizzati. Quindi in prima istanza bisognerebbe creare posti di lavoro e poi offrire a chi lo cerca contratti che siano superiori al sussidio, altrimenti sono tutti posti di lavoro persi.

Cioè non conviene neanche accettare un lavoro?

Il reddito dei giovani under 25 attualmente è di poco inferiore alla soglia di congruità, ovvero gli 858 euro della misura del governo. Se si considera che nei call center i posti di lavoro sono quasi tutti part time, se prendiamo ad esempio le chiamate che ci sono nel settore del commercio e della ristorazione: tutti generano redditi inferiori al sussidio governativo.

Certo il quadro non sembra incoraggiante. Poi c’è anche il tema di come gestire tutte la quantità di dati tra Inps, Centro per l’impiego, Imprese, Navigator…

Questo è un tema importante. Senza una piattaforma informativa capace di gestire realmente tutte le informazioni e gli output richiesti, il basso livello di efficienza si tradurrà in un numero asfittico di risultati positivi, in alti costi d’esercizio e in procedure estenuanti. È pertanto fondamentale l’adozione di un sistema informativo che semplifichi drasticamente le funzioni operative e amministrative, accolga le iscrizioni dei lavoratori, rendiconti il valore del reddito di cittadinanza attribuito, la sua durata e la successione dei pagamenti, registri le attività previste dal patto stipulato con l’operatore e le eventuali assenze, proseguendo nella dematerializzazione in atto dei processi amministrativi.

Voi siete molto critici anche con il decreto dignità come mai?

Perché sta colpendo i più deboli. Mentre, da una parte, vi è stata una accelerazione nella stabilizzazione delle persone con competenze più spendibili sul mercato, al contrario ci sono quasi 40mila persone che prima lavoravano con le Agenzie per il Lavoro e ora non più. Le causali, i limiti alle proroghe, il maggior costo nel caso di nuovo contratto con lo stesso lavoratore hanno determinato non solo un cambio di persone mantenendo lo stesso contratto di somministrazione ma anche evidentemente il ricorso a contratti meno tutelanti per le stesse mansioni.

Il dibattito politico si sta spostando anche sul tema del salario minimo. Cosa ne pensa?

Non ho opinioni negative, penso che in Italia ci sia troppo lavoro nero e ci sia in alcuni settori anche uno sfruttamento della manodopera con contratti di lavoro fasulli e potrebbe aiutare l’emersione del lavoro irregolare.


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