L’immaginario collettivo degli italiani trabocca di politica. Non di “Politica” maiuscola, ma di quella, più modesta, scritta piccola piccola, con le rimasticature sgrammaticate di un weberiano “Politik als Beruf”che si risputa in italiano con “ tengo famiglia” alternato con ”e quando mi ricapita?”. Così può accadere che tutta la cosiddetta seconda Repubblica venga raccontata, con mirabile sintesi, dalle ospitate della fatina mainstream Milly Carlucci che fa ballare sotto le stelle un paio di star della politica degli ultimi anni: una ministra berlusconiana e l’inossidabile Razzi, pezzo forte del pantheon all’acido muriatico dell’ineffabile Crozza.
Nessuno si azzardi a giudicare, per carità, le “audaci scelte di chi sa mettersi in gioco”, come viene osservato tra il sussiegoso e l’assertivo nel commento della criminologa, esperta di delitti efferati. Dunque al posto giusto tra i giudici dello show. Ma ci sarà permesso di osservare che si sta portando ad un livello superiore il processo di erosione della dignità reputazionale della politica, già lungamente compromessa dalla contaminazione tra i generi da tempo applicata con il cosiddetto infotainment, quell’ircocervo che si propone con un misto di informazione e spettacolo, in cui, però, a prevalere è solo la spettacolarizzazione, che ha come applicazione tenue i salotti di Vespa e come momenti più invasivi le incursioni delle Iene. Si dirà: la politica ha già fatto tanto di suo per perdere reputazione e dunque peggio di così com’è si potrebbe?
Vero. Ma forse dalla tv di Stato qualcosa di più ti aspetteresti per mettere in sicurezza l’immagine delle istituzioni. Torniamo all’astuto past- senatore Razzi, uomo di spettacolo totale. Nell’immaginario degli italiani, piaccia o no, lui è un uomo politico, uno che ce l’ha fatta e per più legislature ha rappresentato il popolo italiano in parlamento. Già Crozza ne aveva fatto, condiviso o no dall’oggetto della satira, l’icona della filosofia “con la Francia o con la Spagna purché se magna”. Ma Crozza si muoveva all’interno di una rete televisiva con uno share di affezionati. Rai uno, il sabato, in prima serata, replicato, peraltro, dal controcanto di una collega ex ministra della Repubblica, significa dire: signore e signori, ecco a voi un pezzo di politica italiana che fa spettacolo per il vostro personale diletto. Sembra la vittoria assoluta di Debord, il guru del situazionismo che ci spiegava attraverso i suoi détournement, come funziona la società dello spettacolo ( 1967), spiazzando con gesti inconsulti la linearità della vita ordinaria.
Comunque ce n’è anche per la terza Repubblica di Di Maio e Salvini. È nelle sale un film preterintenzionalmente didattico, Bentornato Presidente, di Fontana e Stasi, con protagonista Claudio Bisio. Va visto: racconta in modo perfino realistico, l’essenza random della cosiddetta terza Repubblica, delle sue incompetenze, dell’egemonia assoluta del web, ma anche di come si usano armi di distrazione di massa per non affrontare i problemi.
Insomma: la politica si racconta meglio attraverso lo spettacolo. Almeno fa sorridere e ci tiene lontani dal pianto.