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Tav, quel treno che si chiama desiderio e le mosse del governo italiano

parigi, commissione tav

Oggi 23 marzo è dedicato a San Turibio de Mogrovejo. Chi fu costui? Ignoto ai più in Italia, Benedetto XIV lo paragonò a san Carlo Borromeo e lo definì “instancabile messaggero d’amore”. Turibio, nacque in Spagna nel 1538, e nel 1579 era ancora un laico. Filippo II, tuttavia, sapeva che nel nuovo mondo gli Indios erano spesso sfruttati fino a morte e volle un cambiamento. Inizialmente Turibio resistette ma poi accettò e venne nominato arcivescovo di Lima, dove, imparata la lingua locale, si dedicò non solo all’apostolato ma anche, anzi soprattutto, a quella che oggi viene chiamata l’assistenza allo sviluppo. Sempre oggi, a Villa Madama, elegante Palazzo sulle pendici di Monte Mario, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ed il Presidente sia della Repubblica Popolare Cinese sia del Partito Comunista Cinese Xi Jinping firmano un Memorandum of Undertasding (MoU) che ha fatto arricciare il naso ai nostri partner tradizionali di lungo periodo (Stati Uniti ed Unione Europea).

In parallelo, o quasi, verrebbero firmati una trentina di protocolli su progetti specifici: occorre dire che le notizie sono avvolte da una fitte coltre di nebbia, nonostante una delle due forze politiche che hanno sottoscritto il “contratto di governo”) abbia fatta campagna elettorale in nome della trasparenza, ed anche della onestà, a cui ora si fa poco riferimento dopo alcune vicende romane (e non solo). Il MoU è stato reso noto, in varie versioni, solo alla vigilia dell’arrivo dell’ospite cinese. Non si sa quasi nulla dei protocolli che avrebbero meritato uno scrutinio attento da parte del Parlamento, e dell’opinione pubblica, ed un’approfondita analisi costi benefici affidata a esperti del mestiere, non ad architetti in cerca di comparsate televisive (e non solo).

Mentre l’attenzione era rivolta alla partecipazione dell’Italia al programma cinese One Belt One Road Initiative, senza farsi domande su a chi conviene tale partecipazione e quali sono le modalità, pochi la hanno diretta anche a quel treno che si chiama desiderio: i 57 chilometri per il collegamento ad alta velocità tra Lione e Torino, poca cosa rispetto le migliaia di chilometri di ferrovia, strade, linee marittime, porti e telecomunicazione per collegare l’Europa con il rinnovato (ma indebitato) Impero Cinese. Essenziali però, per collegare Lisbona e Kiev attraversando anche l’Italia.

Eppure, in contemporanea, si svolgeva, all’Hotel Amigo di Bruxelles, un incontro tra il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron ed il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, proprio su quel treno che si chiama desiderio. Non è chiaro in quale lingua fosse l’incontro. È evidente, però, che non si sono capiti dato che l’ufficio stampa dell’Eliseo ha diffuso un comunicato marcatamente differente dalle dichiarazioni alla stampa del Presidente del Consiglio italiano. Forse, pensavano ad altro. È noto che il tema annoia Macron il quale ha più volte detto che tutte le decisioni sono state già prese e tutte le valutazioni economiche già fatte; forse, un po’ forzato al breve incontro, durante la riunione, dato che è un pianista di classe, Macron pensava alla sua prossima esecuzione privata dell’arte della fuga di Bach. E Conte a quando tornerà a fare arringhe. Nei corridoi felpati dell’Amigo , pare che uno dei consiglieri del Presidente dei francesi abbia sussurrato che per il treno che si chiama desiderio non è più questione di analisi economica, finanziaria o giuridica ma di psicoanalisi (non è chiaro di chi e da parte di chi).

Ci sono stati solo un paio di accenni al treno che si chiama desiderio il 20 Marzo, mentre Roma era mobilitata per l’arrivo del doppio Presidente Cinese e della sua corte (nonché per il tracollo di un’altra stazione della Metropolitana ed arresti, non solo di carriera), a Palazzo Giustiniani si teneva un importante seminario di studi sulle opere pubbliche organizzato dalla Fondazione Italia Protagonista e dalla Fondazione Lorenzo Necci. Al seminario, però, il treno che si chiama desiderio era sempre sul fondale. Mentre il governo si è presentato con un programma di rilancio ancorato ad opere pubbliche, non solo il treno che si chiama desiderio è bloccato, ma è in compagnia di altre seicento piccole e grandi opere pubbliche. Lo stesso decreto legge “salva cantieri” pare bloccato in notte e nebbia.

San Turibio de Mogrovejo non solo non avrebbe approvato ma, a fin di bene e con piena trasparenza, avrebbe chiesto ai suoi Indios convertiti di sbloccare tutto in modo spiccio.

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