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Telese vs Bentivogli. Chi difende il lavoro e il suo valore sa da che parte stare

Da decenni, in Italia, ogni tanto un sindacalista o un giuslavorista muore di riformismo. Muore fisicamente, ucciso, da squilibrati terroristi che in assenza di un Dio nella loro vita se ne fabbricano uno fatto di citazioni mal interpretate di Marx, di teorie economiche strampalate, di complottismo e del fomento ricevuto da chi – nel dibattito pubblico – sceglie suo malgrado di diventare un loro vate. Luca Telese è uno a cui non sembra vero nel 2019 poter usare l’espressione “servo dei padroni” nei confronti di un sindacalista in carne ed ossa come il segretario della Fim Cisl Marco Bentivogli. Ma consentitemi di lasciare questa premessa senza considerazioni, solo come monito per chi a volte non pesa le parole espresse in tv (o sui social).

Due anni fa chiesi a Bentivogli, invitandolo come relatore a un convegno dell’associazione Forza Europa (che con altri movimenti ha poi dato vita al partito +Europa) perché lui sentisse l’esigenza “anche” di essere europeista, visto che di fronti aperti non gliene mancavano. Rispose con la sua consueta serenità, riferendosi in particolare alla moneta unica: “Potrei fregarmene e non contestare a quelli che vaneggiano che con una nuova moneta potremmo far ripartire i salari… ma ai lavoratori hanno tolto prima la fiducia nelle istituzioni e nei partiti, se ora gli togliamo anche la fiducia nel valore della moneta che hanno in tasca, finiranno presto per non avere più fiducia nemmeno nel lavoro stesso… figuriamoci nei sindacati”. Non siamo molto lontani dal rischio che sia proprio il lavoro – come istituzione – il discrimine della politica attuale, tra profeti della sua fine e difensori del suo insostituibile valore.

Chi mette al centro della sua azione sindacale la difesa del lavoro e del suo valore, non ha dubbi rispetto alle scelte che negli anni Bentivogli ha assunto: a Pomigliano come su Quota 100, sul reddito di cittadinanza come sull’Ilva. Ciò che distrugge lavoro, toglie libertà e diritti. Ciò che crea lavoro è un campo di gioco dove i diritti possono nascere ed essere conquistati, anche a costo di litigare con la controparte. Per essere un buon sindacalista, hai bisogno di un campo in cui contendere salari e diritti. Se questo campo di gioco non c’è, sei il sindacalista di te stesso.

Perché dunque Telese attacca Bentivogli? Perché Marco il sindacalista spiega meglio di tanti altri esempi che l’Italia – per tornare a crescere – non ha bisogno di essere protetta dai nemici esterni, come rivendica il sovranismo, ma da se stessa e dai propri vizi. E chi dice la verità, provando persino a praticarla, è antipatico a chi invece segue agende narrative e retoriche utili a chi oggi governa l’Italia.


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