In quest’era liquida e pop forse il miglior riassunto della decisione di Donald Trump di designare come terroristi le Guardie della Rivoluzione iraniane si può fare parafrasando una vecchia canzone di Jovanotti: “Le designazioni costano poco, e molto spesso non valgono niente”.
Perché chi pensa che la mossa della Casa Bianca sia il preludio di una nuova stagione di interventismo militare americano in Medio Oriente può placare le grida d’allarme: perfino Israele ha capito da tempo che la voce grossa di Trump su Iran e Hezbollah è inversamente proporzionale alla sua voglia di nuove avventure militari. E mentre il Pentagono scongiura il presidente di revocare o almeno limitare l’annunciato ritiro dalla Siria, il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha iniziato da mesi a dire che Israele sul campo dovrà fare sempre più da sé e coordinarsi con attori nuovi come la Russia.
Mosca, al contrario di Washington, smania per ottenere un ruolo in ogni singola crisi e controversia della regione, dalla Libia allo Yemen, anche quando è davvero difficile trovar un qualche vero interesse concreto per la Russia al di là della pura proiezione di potenza.
La mossa di Trump è quindi poco più di un tassello stonato nel grande mosaico del tramonto dell’egemonia americana in Medio Oriente. “Solo propaganda” – come l’ha riassunta bene il titolo del Financial Times con il solito stile laconico – per pagare dazio agli alleati lasciati sempre più soli a badare agli affari propri, spesso con risultati non certo ottimi come nel caso dell’Arabia Saudita in Yemen.
Se una qualche funzione questa designazione la può avere è invece quella di contribuire a polarizzare ancora di più il dibattito in Medio Oriente e non solo, tra tifosi dell’Iran e oppositori a prescindere della Repubblica Islamica. Un dibattito vuoto, basato spesso su argomentazioni tante grossolane quanto parziali.
La motivazione ufficiale addotta da Washington per la designazione accusa le Guardie della Rivoluzione di fomentare terrorismo nella regione, dall’Iraq alla Siria e il Libano. Una posizione rifiutata con forza dai “tifosi” di Teheran, che plaudono all’annuncio iraniano di voler reagire designando l’Esercito americano come organizzazione terroristica.
Senza l’intervento statunitense in Iraq nel 2003, in fondo, non ci sarebbe l’Isis. Verissimo, e questa sarebbe una interpretazione perfetta per spiegare la rivolta sunnita del 2006-2008 e la nascita di Al-Qaeda in Iraq. È invece piuttosto assurdo esaltare oggi il ruolo delle Guardie della Rivoluzione nello sconfiggere militarmente Isis ignorando i risultati delle violente politiche dei governi di Nuri Al-Maliki – sostenuto da Teheran – che negli anni seguenti al ritiro americano hanno marginalizzato e perseguitato la minoranza sunnita irachena riportandola nelle braccia dell’estremismo islamico.
Oppure ignorando il supporto incondizionato dell’Iran alla linea dura adottata da Bashar Al-Assad che ha scientemente e cinicamente eliminato ogni alternativa al suo potere che non fossero i peggiori estremisti, per poi presentarsi al mondo ben rasato e incravattato come male minore alternativo alla barbarie. Un dibattito inutile e vuoto che serve solo a coprire la semplice realtà dei favori reciproci che sanno farsi così bene gli opposti estremismi.
La decisione di Trump, applaudita dai falchi di Washington, non fa altro che rafforzare gli opposti falchi della destra iraniana, i quali oggi, grazie a The Donald, possono buttarsi alle spalle le manifestazioni degli scorsi mesi di una popolazione esasperata da decenni di malagestione economica per ricompattare l’opinione pubblica dietro la bandiera dei Guardiani, paladini della nazione contro il Grande Nemico di sempre.
Un copione vecchio, ma mai stantio, forse perché sempre in grado di evocare l’ancestrale tribalismo degli esseri umani, e al quale in Medio Oriente ci hanno abituato da anni Hamas e la destra israeliana o le tifoserie sciite-sunnite. Perché, parafrasando un vecchio tweet di un account satirico di Karl Sharro, più che l’Occidente che ha occidentalizzato il Medio Oriente, oggi sembra piuttosto che sia quest’ultimo che mediorientalizzato il resto del mondo.
(Foto: Wikipedia, Qassem Soleimani, il generale che comanda le forze speciali Quds dei Guardiani iraniani)