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Erdogan conferma i piani per l’S-400. Crisi profonda tra Washington e Ankara

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“L’acquisto del sistema S-400 è cosa fatta; le consegne ci saranno a luglio, ma forse anche prima”. Con questi due brevi periodi Recep Tayyip Erdogan ha gelato ogni tentativo di riavvicinamento tra Ankara e Washington, rafforzando ancora di più l’ipotesi dell’esclusione completa del Paese dal programma F-35, per cui gli Usa hanno già sospeso le relative consegne.

LE NUOVE POLEMICHE

A innescare il nuovo round di accuse e controaccuse è stata la decisione del Pentagono, la scorsa settimana, sullo stop alla forniture alla Turchia nell’ambito del Joint Strike Fighter. Tutt’altro che un fulmine a ciel sereno, visto che la proposta è stata avanzata a più riprese (e in modo piuttosto bipartisan) all’interno del Congresso americano negli ultimi mesi. Già a novembre il dipartimento della Difesa Usa aveva svelato i risultati di una prima analisi sugli effetti che un’eventuale esclusione delle aziende turche avrebbe avuto sul programma internazionale, notando che non sarebbero stati così devastanti. Tra l’altro, la decisione del Pentagono è arrivata dopo l’incontro ad Antalya, sulla costa mediterranea della Turchia, tra il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu e il collega russo Sergey Lavrov, incontro condito dalla conferma sui piani per l’S-400, il sistema di difesa missilistica che gli Stati Uniti (e tanto meno la Nato) non possono accettare.

LE PAROLE DI ERDOGAN

Oggi, tornando dalla visita a Mosca, sullo scottante dossier è intervenuto direttamente il presidente Erdogan, assestando un colpo quasi decisivo ai timidi tentativi di disgelo che nei giorni scorsi erano arrivati ad esempio dal capo del Pentagono Patrick Shanahan (“mi aspetto che la disputa si risolva positivamente”). Erdogan ha definito l’acquisto dell’S-400 “oggetto di interesse internazionale”, annunciando addirittura l’anticipo sulle consegne inizialmente previste per il 2020. “Ai nostri ministri viene costantemente chiesto se la Turchia abbia cambiato la sua decisione; noi dichiariamo che questo è un caso chiuso”, ha aggiunto il presidente. Anche perché, ha spiegato, le condizioni che Washington ha proposto ad Ankara per la fornitura di sistemi anti-missile Patriot sarebbero peggiori di quelle offerte dalla Russia nell’ambito del contratto per l’S-400.

LA QUESTIONE DEI PATRIOT

Qui però le dichiarazioni di Erdogan sembrano stonare rispetto a quelle del capo della diplomazia Cavusoglu, secondo cui “se gli Stati Uniti si rifiutano di venderci i missili Patriot, in futuro potremmo comprare un secondo S-400”. Per il presidente si tratterebbe di un rifiuto da parte dei turchi alla proposta americana; per il ministro degli Esteri l’ostacolo ai Patrioti sarebbe invece da rintracciare nel rifiuto di Washington. L’impressione è che tra le dichiarazioni divergenti si nasconda l’unica possibilità per gli Stati Uniti di impedire ad Ankara di scivolare verso l’Orso russo: un’offerta allettante per l’alternativa all’S-400 e la conferma della linea dura sugli F-35. Su questo secondo aspetto pesa la convinzione che Erdogan ha dimostrato in passato per i velivoli di quinta generazione, considerati essenziali per le ambizioni della Turchia di potenza più che regionale in un contesto sempre più imprevedibile.

LA VARIABILE TRUMP

Per il Patriot la partita è più complessa, anche perché l’eventuale vendita deve essere approvata anche dal Congresso americano. A dicembre, il dipartimento di Stato ha dato la sua approvazione alla vendita della più moderna versione del sistema (rispetto a quelle già bocciate dai turchi nel 2013 e nel 2017, per lo più a causa della scarsa prospettiva di trasferimento di lavoro). L’ipotesi pare ancora remota, ma non è detto che l’abile negoziatore Trump – che secondo indiscrezioni di stampa sarebbe pronto a prendere in mano il dossier – non riesca a far cambiare idea al collega Erdogan sull’S-400 e a sbloccare una situazione al momento piuttosto ingarbugliata.

PROSPETTIVE ITALIANE?

Nonostante lo scenario appaia in rapida evoluzione, l’ipotesi di esclusione della Turchia dall’F-35 deve essere tenuta in considerazione, soprattutto per i partner del programma Joint Strike Fighter su cui potrebbe essere ricollocato il lavoro attualmente realizzato dal comparto di Ankara. Ciò riguarda direttamente anche l’Italia, che nel sito di Cameri, in provincia di Novara, può vantare competenze di primo livello in ambito F-35, assemblando i velivoli italiani e olandesi, e realizzando diversi assetti alari. L’occasione è ghiotta, ma a due condizioni. Primo, occorre confermare l’impegno attuale per 90 velivoli. Secondo, c’è bisogno di farsi trovare preparati nel proporre Cameri e le competenze acquisite dalla filiera quando un’eventuale richiesta verrà avanzata.

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