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Gli occhi del Dragone sulla Libia, l’attacco all’Occidente per il caos a Tripoli

coronavirus, Li Wenliang

Il caos in Libia è di ampio interesse anche per Pechino. Non un caso, a dimostrazione dell’ormai evidente espansione della Cina sia in Africa che in Europa. L’attacco ai Paesi occidentali (e agli Usa in particolar modo) arriva dal Global Times, uno dei più influenti giornali cinesi, pubblicato dal Quotidiano del Popolo, organo di stampa ufficiale del Partito Comunista.

“La Libia – scrive il quotidiano di Pechino –  è stata uno dei più grandi fallimenti delle primavere arabe e ha perso l’attenzione strategica dell’Occidente, che dovrebbe sentirsi colpevole per la ripresa delle ostilità nel Paese”.  L’interferenza occidentale nel Paese, scrive il tabloid di Pechino, “è stata strombazzata come una battaglia giustificata, al tempo. Negli anni successivi la Libia è stata quasi dimenticata, eccetto che per i suoi profughi”.

Con la ripresa delle ostilità, prosegue il giornale, gli Stati Uniti hanno deciso il ritiro dei soldati e gli altri Paesi dell’Occidente non sembrano avere una soluzione chiara. “Tripoli non è un obiettivo ideologico e il suo valore geopolitico è in declino. All’Occidente non potrebbe importare di meno. Dopo la caduta di Gheddafi, minare il regime di Bashar in Siria, sostenuto da Russia e Iran, è diventato un obiettivo geopolitico che eccita l’Occidente. All’Occidente importa solo promuovere la democrazia, ma si ritira sulla ricostruzione”, continua il Global Times. “Se la comunità internazionale non può promuovere un cessate il fuoco e portare le parti coinvolte ai tavoli dei negoziati, la Libia soffrirà ancora e sanguinerà”.

Nell’articolo, il quotidiano traccia anche un giudizio sulle primavere arabe, che “si sono dimostrate una delle meno efficaci rivoluzioni nella storia”. Se l’Occidente, è la conclusione del giornale pubblicato dal Quotidiano del Popolo, non vuole assumersi la responsabilità di aiutare la Libia a riguadagnare stabilità e sviluppo, “dovrebbe almeno ammettere al mondo che il modello occidentale non è onnipotente e che significa enormi rischi per i Paesi in via di sviluppo”.

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