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Grandi manovre in corso su Mediaset e Telecom

Vincent Bolloré, vivendi

Su Telecom Vincent Bolloré ha voluto essere “pragmatico” e ha seppellito l’ascia di guerra. Almeno temporaneamente. Lo stesso proverà a fare nell’assemblea di Mediaset (giovedì 18 aprile) in cui tenterà di metter piede sia la sua controllata Vivendi che la Simon Fiduciaria, il trust che custodisce una parte (il 19,1%) delle azioni di Cologno monzese (28,8% del capitale) in mano al finanziere francese. L’ultima volta il tentativo è miseramente fallito finendo a carte bollate. Sarà così anche in questa occasione? Se l’epilogo dovesse essere diverso, significherà che il clima si è rasserenato. Se invece Bolloré verrà nuovamente respinto, allora le cose si complicheranno nuovamente. Non solo per Mediaset, ma anche per Telecom.

Non è detto infatti che in Telecom il raider bretone continuerà ad essere così pacifico come è accaduto nell’ultima assemblea dell’ex monopolista. Quella cioè in cui ha rinunciato a mettere in discussione i rappresentanti sostenuti dal fondo statunitense Elliott. A meno che non vada in porto un piano di separazione della rete dai servizi di telefonia, funzionale ai progetti di espansione di Bolloré per Vivendi. A Parigi c’è chi dice che il finanziere sia già pronto a mettere le mani sulle attività brasiliane di Telecom sfruttando l’opportunità offerta dal desiderio del governo gialloverde di sviluppare un’unica infrastruttura di rete a banda ultralarga. Un network cioè in cui converga l’infrastruttura di Telecom e quella di Open Fiber, controllata da Enel e dalla Cassa Depositi e Prestiti. Le attività brasiliane potrebbero quindi diventare una sorta di “compensazione” per le perdite registrate investendo in Telecom e, in prospettiva, potrebbero essere rivendute con una lauta plusvalenza da usare per finanziare i piani di Vivendi. Con la benedizione del governo che vuole essenzialmente unire le forze per potenziare lo sviluppo di Open Fiber ai cui vertici dovrebbero essere confermati sia Elisabetta Ripa che Franco Bassanini, manager che nel 2014, ai vertici di Cassa Depositi e Prestiti, ha venduto il 35% di Cdp reti all’azienda pubblica cinese State Grid Europe Limited.

Secondo fonti francesi, dietro il recente addio di Bolloré alla presidenza di Vivendi, ci sarebbe proprio la volontà di guadagnare spazi di manovra lontano dai riflettori di una società quotata. Nel contempo agli addetti ai lavori non è sfuggito come l’assemblea di Vivendi, oltre ad affidare il ruolo di Vincent al figlio Cyrille Bolloré, si sia anche espressa a favore di una massiccia operazione di riacquisto azioni, voluta dal finanziere bretone. Facile capirne il perché: la misura inevitabilmente rafforzerà Bolloré nell’azionariato di Vivendi senza la necessità di una costosa offerta pubblica di acquisto. Del resto lo schema non è diverso da quello applicato negli ultimi tempi dalla Fininvest su Mediaset: da quando Cologno è finita nel mirino di Vivendi, la cassaforte che fa capo alla famiglia Berlusconi è salita fino al 44,175% del gruppo televisivo. Inoltre Mediaset ha già approvato un buy-back che consentirebbe al primo azionista di raggiungere la soglia del 50% senza rischi d’Opa.

Senza contare che domani in assemblea verrà proposto ai soci di esprimersi a favore del voto doppio che, dopo 24 mesi continuativi di detenzione, consentirà a Fininvest di blindare ulteriormente Mediaset. Se è chiaro il motivo dell’arrocco di Mediaset, è meno evidente quello di Vivendi. Perché Bolloré punta a rafforzarsi nel capitale del gruppo francese? Due le ipotesi sul tavolo per due diversi scenari: o il finanziere bretone teme un tentativo di scalata su Vivendi e quindi ha deciso di blindare la società oppure sta affilando le armi per la seconda fase della campagna d’Italia. Magari con un approccio diverso dall’ultimo raid che è finito per intrappolarlo in Telecom e in Mediaset senza riuscire a realizzare il suo progetto della media company latina con ramificazioni in Francia, Spagna e Italia.

Ma mentre a Parigi Bolloré muove le sue pedine, che cosa accade a Milano? Recentemente, indiscrezioni di stampa, non confermate, hanno riferito che ci sono colloqui in corso fra Cologno Monzese e la tedesca ProSiebensat. Non è la prima volta del resto che il gruppo media teutonico viene tirato in ballo in un’ipotetica operazione di aggregazione con Mediaset. La differenza è che in passato il nome del gruppo tedesco era accompagnato da quello francese di TF1, la Mediaset d’Oltralpe che fa capo a Martin Bouygues, nemico giurato di Vincent Bolloré, nell’ambito di un progetto di aggregazione a tre. Non resta che chiedersi se il posto di TF1 non lo abbia preso un altro gruppo transalpino. O se l’azienda di Bouygues preferisca restare ai margini prima dello scontro finale. Qualche indizio sul tema lo fornirà l’assemblea di domani che si svolgerà in un contesto politico dinamico in vista di elezioni europee con un esito tutt’altro che scontato per i partiti italiani.



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