Skip to main content

L’Italia dovrebbe giocare la carta dei servizi per rilanciare le esportazioni

L’ultimo rapporto sulla competitività preparato da Istat, che contiene molte e interessanti informazioni, ci consente di tracciare una prospettive poco rassicurante sull’andamento del commercio internazionale che anche in questo inizio di 2019 appare debole e contrastato.

Il grafico sopra, estratto dall’ultimo bollettino Bce, fa il paio con quello a seguire, che invece fotografa l’andamento degli scambi internazionali negli ultimi trimestri elaborato da Istat.

I dati ci dicono che nel 2018 la crescita del commercio internazionale è stata del 3,3%, in deciso calo rispetto al 4,7% del 2017, che può sembrare elevato ma solo perché si rapporta agli andamenti erratici degli scambi all’indomani della crisi del 2008. Nel decennio successivo infatti si sono osservati, sottolinea il rapporto, “ritmi di espansione del commercio internazionale assai meno vivaci rispetto a quelli sperimentati in precedenza”. Probabile conseguenza anche del peggioramento del clima di relazioni commerciali fra gli stati che si può riscontrare osservando il grafico sotto, che rileva la notevole crescita delle misure di protezione commerciale. Il 2018 è stato l’anno dei dazi di Trump, com’è noto.

Nel 2018, spiega Istat, “l’Italia è stata poco esposta agli effetti diretti delle misure protezionistiche, dato il peso limitato sull’export dei settori coinvolti dai provvedimenti”. I prodotti in acciaio e alluminio, ad esempio, daziati dagli Usa, valgono per l’Italia meno del 3% dell’export totale verso gli Usa. Ma non è ancora chiaro quale sarà l’effetto indiretto. L’Italia infatti esporta alluminio e acciaio verso la Germania, che è il primo esportatore europeo di prodotti in metallo verso gli Stati Uniti. Quindi i dazi che colpiscono la Germania ci riguardano per vie traverse.

Se guardiamo ancora ai dati 2018, osserviamo che in Italia l’export è cresciuto del 3,2% nel 2018, meno dell’export mondiale (+5,4%). Un rallentamento rispetto al 2017 quando, al contrario, al crescita delle esportazioni italiane era stata migliore di quelle globali. A pesare molto, l’anno scorso, è stato il rallentamento degli scambi extra Ue, passati dal +8,2% del 2017 al +1,7 dell’anno successivo. Diminuzione assai più intensa di quella registrata sui mercato intra Ue (+4,1 per cento nel 2018, dal +7,2 del 2017). Opportuno sottolineare che “nel 2018 il tasso di crescita delle vendite verso la Germania si è dimezzato (rispettivamente al 3,6, per cento, dal 6,3 dell’anno precedente), si è ridotto di oltre due terzi verso la Spagna (da 10,5 a 3,2 per cento) e, in misura meno
consistente, verso la Francia (da 5,3 a 4,5 per cento)”.

L’autunno del commercio internazionale suona insomma come un preannuncio di inverno per il commercio italiano. E a far scendere la temperatura “potrebbe aver contribuito una perdita di competitività di prezzo in termini di cambio effettivo reale, pari, in media d’anno, a circa il 2,5 per cento”.

C’è un’altra circostanza che caratterizza le nostre esportazioni, che non riguarda però il mercato dei beni ma quello dei servizi. Un settore ancora poco trainantedella nostra economia. “L’Italia appare come un paese
relativamente chiuso all’interscambio di servizi – sottolinea Istat -, e ha beneficiato in misura molto minore delle altre economie dell’area dell’euro della forte crescita nel commercio internazionale di servizi negli anni recenti”.

Per spiegare questa notevole differenza di performance, si può ipotizzare che dipenda dalla tipologia dei nostri servizi, molto diversa da quella dei partner. In Italia, infatti, c’è “una prevalenza – come in Spagna – dei servizi
di viaggio e una scarsa rilevanza delle attività a maggior contenuto di conoscenza, quelle cioè ricomprese negli altri servizi alle imprese”. Sono pure poco sviluppate le vendite estere di servizi “a media intensità di conoscenza come i trasporti e la logistica, i servizi di manutenzione e riparazione (tipicamente associati alla vendita di impianti e strutture), i lavori di costruzione internazionale”.

Puntare a sviluppare un’economia dei servizi “evoluti” per contrastare il rallentamento dell’export di beni dovrebbe essere sulla prima pagina dell’agenda del sistema-Paese. Ma non se ne parla quasi per niente. Al punto che sembra persino naturale registrare “un disavanzo sistematico”, come lo definisce Bankitalia, sulla bilancia dei servizi di trasporto internazionali, ossia quelli che consentono il trasporto delle merci che produciamo. In grafico sotto lo evidenza con chiarezza.

Servirebbe un deciso ripensamento del nostro sistema economico. Ma all’orizzonte si vedono solo nubi. E l’inverno.

Twitter: @maitre_a_panZer

×

Iscriviti alla newsletter