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I “lobbisti” al mercato delle bozze

Avete presente quei personaggi che si propongono come facilitatori di contatti e promettono l’accesso privilegiato alle Istituzioni e la possibilità di ottenere informazioni e documenti prima dei concorrenti? Quelli non sono lobbisti, ma faccendieri.

Una forma particolare di questa aberrazione è il cosiddetto “mercato delle bozze”. Come funziona? Molto semplice: facendo incontrare la disonestà di certi impiegati pubblici, la scarsa professionalità di certi consulenti (sedicenti) lobbisti e la dabbenaggine, o la totale mancanza di cultura dell’attività di lobbying di certe imprese e dei loro manager.

Sembra, a volte, che la bravura di un consulente si misuri in base al numero di provvedimenti che riesce a inviare al cliente prima che diventino di pubblico dominio: un disegno di legge del governo o uno schema di decreto legislativo approvati dal Consiglio dei ministri ma ancora non presentati in Parlamento, un decreto ministeriale non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale e così via.

A nessuno di quelli che ragionano in questo modo viene in mente che, se ancora il provvedimento non è pubblico, un motivo ci sarà e che inviarlo a un’impresa significa non soltanto che quest’ultima potrà beneficiare di un indebito vantaggio competitivo rispetto alle sue concorrenti ma anche che, per poter essere “circolato”, questo documento è stato illecitamente trafugato da un impiegato ministeriale, naturalmente dietro compenso.

Insomma, per usare parole un po’ più chiare: il commercio, ma anche solo la diffusione, di documenti non pubblici è illegale. Probabilmente chi fa ricorso a questa pratica se ne rende conto, ragione per cui non lo fa in prima persona ma assolda galoppini compiacenti per compiere il misfatto. Ciò implica, penserete voi, che molti manager d’azienda considerano i consulenti alla stregua di galoppini compiacenti da utilizzare per fare il lavoro sporco? Pensate bene, è proprio così.

Volete una prova? Qualche settimana fa, ho ricevuto una richiesta di preventivo da parte di un’impresa interessata a ricevere un servizio di monitoraggio dell’attività delle Istituzioni nazionali. Fin qui nulla di strano, naturalmente. Peccato che, fin dalla descrizione del servizio, il potenziale cliente mettesse subito in chiaro che

“l’attività di monitoraggio presuppone, per un suo completo ed efficace risultato, una serie di azioni diverse tra loro ma convergenti verso un unico obiettivo: acquisire tempestivamente tutte quelle informazioni, sia ufficiali, sia eventualmente non ancora di dominio pubblico, che assicurino le conoscenze d’insieme sulle questioni di interesse”.

Ho commesso peccato a pensare male? Può essere, ma sicuramente ho indovinato. Sentite come continuava la descrizione:

“il monitoraggio dovrà permettere di avere accesso in anteprima a tutte quelle notizie non ancora di pubblico dominio… La tempestività nella trasmissione delle informazioni è evidentemente essenziale”.

Il rispetto della legalità, altrettanto evidentemente, non lo è. Se invece pensate che questa sia l’ennesima prova della rapacità delle grandi multinazionali, vi sbagliate: la richiesta proveniva da una società non solo italiana, ma pubblica. Come è ovvio, non ho inviato alcun preventivo e non ho partecipato alla selezione. Non possiamo però congedarci dall’argomento senza aver chiarito almeno un paio di questioni.

In primo luogo, è evidente che se la domanda di bozze di provvedimenti non pubblicati non accenna a diminuire, è perché i consulenti (sedicenti) lobbisti si prestano a questo gioco. In secondo luogo, il penoso stillicidio di informazioni e bozze che trapelano dalle sedi istituzionali non si arresta (soltanto) perseguendo chi partecipa alla loro compravendita, ma (soprattutto) riformando i procedimenti di formazione degli atti normativi in modo tale che a tutti i portatori di interesse sia garantito eguale accesso ai provvedimenti in fase di stesura e la possibilità, tramite consultazione pubblica, di far pervenire alle Amministrazioni le proprie osservazioni e le eventuali proposte di modifica.

Procedimenti decisionali più partecipati e trasparenti assicurano anche che tutti i portatori di interesse abbiano le stesse opportunità di prendervi parte: proprio per questo non piacciono.

 

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