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Giorgia Meloni, così vicina così lontana da Matteo Salvini

Il primo obiettivo per Giorgia Meloni è quello di superare la soglia di sbarramento posta al 4% ed entrare, coi suoi Fratelli d’Italia, nel Parlamento europeo. Lì ad attendere lei e i suoi deputati ci sarà il gruppo dei “Conservatori e riformisti europei”, di cui, grazie ai lavori di tessitura di Raffaele Fitto, i Fratelli sono entrati a far parte da qualche mese. Non è un dato di poco conto, se è vero che, dopo Popolari e Socialisti, quello dei Conservatori è per consistenza il terzo gruppo a Bruxelles.

Che Meloni abbia agito strategicamente negli ultimi tempi è indubbio, e la leva internazionale l’ha saputa manovrare con più risultati di Matteo Salvini, troppo concentrato forse sulla politica nazionale. Come dimenticare che, poco più di un mese fa, è stato l’unico politico italiano a parlare a Washington, poco dopo Donald Trump, alla storica convention dei repubblicani americani? In Italia, nel caotico sistema consegnatoci da una disgraziata legge elettorale, che comunque il suo partito a suo tempo non ha votato e che oggi unico chiede di correggere immediatamente, Meloni, un po’ come Silvio Berlusconi, è costretta a giocare su due fronti: all’opposizione del governo, ma alleata con Salvini nelle liste locali.

In verità, però, la sua posizione è ancora più difficile e rocambolesca: con il leader della Lega non ci sono attriti personali o contese sulla leadership del centrodestra, e soprattutto da un punto di vista ideale e delle scelte concrete i due partiti sono spesso sovrapponibili. Meloni ha però necessità, in questo momento, di ingigantire più del dovuto le differenze dalla Lega, sia per evitare che alle europee in molti facciano una scelta di “voto utile” sia per avere poi più peso nella politica nazionale.

Ed ecco che implacabilmente Salvini viene attaccato sul suo “punto debole”, almeno per i tanti elettori indecisi fra lui e lei: l’atipica alleanza di governo con un Movimento che dovrebbe essere agli antipodi per chiunque abbia una sensibilità di destra. L’attacco è partito ieri dalla conferenza programmatica che i Fratelli d’Italia tengono in questo fine settimana al Lingotto di Torino, e si è giocata su un sottile distinguo: “considero la Lega -ha detto Giorgia Meloni- un movimento populista, non un movimento sovranista”.

Come dire? Noi sulla difesa dell’interesse nazionale, col nostro Dna, non transigeremo mai, né mai verremo a compromessi con chi, come i Cinque stelle, con questo interesse sembra voler giocare o difenderlo solo quando è conveniente. L’Europa che sogniamo è veramente altra, perché sarà un’Europa delle nazioni e non uno Stato federale: “una Europa unita di Stati e non gli Stati Uniti d’Europa”, come la definì efficacemente fra gli applausi a Wahington. Se l’orizzonte del conservatore è “Dio, Patria e famiglia”, noi, sembra dirci, siamo più solidi e diamo più garanzie della Lega.

Lo spazio di manovra di questa donna (veramente) leader è però stretto, e il rischio di essere assimilata dai più alla vecchia politica è sempre dietro l’angolo Che le sue radici affondino lì è indubbiamente vero, ma questo va fatto vivere anche come una garanzia e non solo come un handicap. Tanto più se la tradizione conservatrice e della destra nazionale è stata da noi sempre minoritaria e marginalizzata. Meloni, pur muovendosi lungo stretti crinali, sembra che stia raggiungendo molti risultati.

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