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Il made in Italy a caccia dell’Eldorado Dubai. Ice, Confindustria e Abi fanno sistema per Expo2020

Infrastrutture, energia, ambiente, ma anche agroindustria e sviluppo di piani speciali nella sanità. Un esercito di piccole e medie imprese è partito alla volta di Dubai: 147 aziende, 8 associazioni imprenditoriali, 7 banche per un totale di 350 imprenditori. Fanno parte della missione di sistema che prende il via da domani, con il business forum Italia-Emirati Arabi Uniti. Una tre giorni di incontri politici e di business per incrementare le opportunità di partenariato industriale, commerciale e d’investimento tra i due Paesi. Ad organizzarla è stata l’agenzia per il Commercio Estero insieme alla Confindustria e l’Associazione bancaria italiana e sarà guidata dal vice premier Luigi di Maio a testimonianza di un certo feeling del governo gialloverde per il Medio Oriente dopo la missione del presidente del Consiglio Giuseppe Conte in Qatar, dove aveva fatto capolinea anche l’altro vicepremier Matteo Salvini.

“Il mio viaggio negli Emirati Arabi non riguarda Alitalia, non sarà oggetto della discussione – ha precisato comunque Di Maio – è una missione di sistema dove le imprese saranno presenti sia a Dubai che ad Abu Dhabi”. D’altra parte il governo emiratino si è già sfilato da Alitalia con la sua compagnia Etihad che dopo un matrimonio mai davvero sbocciato ha preferito virare per un’alleanza strategica con Lufthansa. Il vero obiettivo delle imprese partecipanti e non solo è di entrare nel business rappresentato dall’Expo2020 di Dubai, la prima Esposizione Universale che si svolgerà in Medio Oriente, in programma dal 20 ottobre 2020 al 10 aprile 2021, in occasione del 50esimo anniversario della fondazione degli Emirati Arabi Uniti.

Si preannuncia come un evento unico, per proporzioni, numero di paesi coinvolti e per gli ambiziosi obiettivi legati al tema scelto: Connecting minds, creating the future: una connessione tra le menti per progettare il futuro assieme. D’altra parte Dubai, in arabo si scrive Al Wasl che vuol dire proprio “la connessione”, “il collegamento”. Nel nome stesso, quindi, dell’emirato sono contenuti i principi ispiratori dell’Expo. L’organizzazione stima un afflusso di 25 milioni di visitatori, il 70% proveniente dall’estero. Ad oggi sono 160 i paesi confermati e un plotone di imprese di cui ben 870 sono italiane, registrate al sito delle gare d’appalto. Per questo il governo emiratino ha risposto con investimenti pari a 150 miliardi di dollari e la creazione di circa 300mila nuovi posti di lavoro.

Un programma in linea con la visione strategica degli Emirati di diversificare la propria economia, oggi troppo dipendente dal petrolio, per orientarsi su energie rinnovabili, alta tecnologia e infrastrutture moderne ed ecosostenibili. L’Italia in questo può giocare d’attacco, visto che è tra i principali partner commerciali degli Emirati in Europa, con un interscambio che nel 2018 ha raggiunto i 5,73 miliardi di euro, con le nostre esportazioni che si sono attestate a 4,58 miliardi di euro ed importazioni a 1,14 miliardi di euro.

Negli Emirati operano colossi italiani come Ansaldo Energia, Fincantieri, Leonardo, Saipem e Intesa San Paolo. L’ultimo grande colpo è stato a gennaio, quello messo a segno dall’Eni che ha firmato un accordo con Adnoc che consente alla nostra compagnia di acquisire una quota del 20% della società emiratina che ha in pancia tre raffinerie, situate nelle aree di Ruwais (Ruwais East e Ruwais West) e Abu Dhabi (Abu Dhabi Refinery), con una capacità di raffinazione complessiva che supera i 900 mila barili al giorno. Un successo che consente alla società guidata da Claudio Descalzi di posizionare l’Eni al centro delle principali rotte dell’oil&gas in grado di garantirgli un presidio importante sui mercati dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa.

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