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Milano fa da sé e cresce, Roma chiede risorse allo Stato e arretra

Roma

IL CONFINE DELLE DUE ITALIE

La notizia è che mentre i partner della maggioranza gialloverde litigano sul decreto “Salva-Roma”, il Campidoglio rigetta il piano casa per la valorizzazione dell’area pubblica dell’ex Fiera di Roma. Rifiutando così di incassare risorse “della città per la città” e ripianare parte dei debiti contratti dalla società della Camera di Commercio e Comune, per realizzare la nuova Fiera. Mentre a Milano invece il comune incassa un assegno di 193 milioni di euro per la cessione ai privati della storica sede del Pirellino. E così mentre Milano fa da sé, e cresce, Roma chiede risorse allo Stato e arretra.

Il confine delle due Italie, quella ricca e produttiva e quella debole e assistita, si sta inesorabilmente alzando. Ma non sono solo gli oltre 10mila euro di differenza del Pil pro-capite che allontanano Roma da Milano, ma c’è qualcosa di più e di peggio. E in particolare il fatto che la capitale sembra aver rinunciato oltre che ad una idea di sviluppo anche all’ambizione di leadership, nazionale e internazionale. Cosa mai successa, anche nel recente passato, sia quando ci si appellava alle statistiche un po’ consolatorie, come quella del maggior numero di imprese iscritte alla Camera di Commercio, o quando si cercava di rincorrere uno sviluppo con azioni concrete, anche se talvolta sbagliate. Come alcune di quelle varate dalle giunte Rutelli e Veltroni, quelle del trionfalistico “modello Roma”. Quando, riproponendo modelli di sviluppo di altre città europee, furono realizzate costosissime, quanto in larga parte inutili, nuove grandi attrezzature, quali il nuovo Centro Congressi, la nuova Fiera, il MAXXI. Ma forse a questa categoria è anche ascrivibile la scelta della linea C della metropolitana che, alla luce dei prevedibili problemi che accompagnano la sua realizzazione, oggi appare una scelta dettata più da questioni di principio (“Roma non può non avere una rete metropolitana come le altre capitali europee”) che da reali necessità programmatico-trasportistiche, unite a rigorose verifiche di fattibilità.

Più recentemente altri maldestri tentativi di leadership furono perseguiti, con ancor meno successo, dalla giunta Alemanno. Con l’idea di sviluppo sull’asse Eur/Ostia, che rispolverava quella del ventennio, o con la sciagurata quanto velleitaria proposta della linea B1 della metropolitana, che ha fruttato solo un ristoro milionario da parte del comune all’impresa proponente, Salini.

L’URBANISTICA

Il divario tra Roma e Milano è percepibile non solo nelle economie delle città, ma nella capacity building delle due amministrazioni. Basta pensare alla gestione dei servizi, dai rifiuti ai trasporti. Per non parlare dell’urbanistica. Mentre Milano vara il nuovo Piano urbanistico, vende ai privati il Pirellino per promuovere un grande progetto urbano, avvia lo sviluppo dell’area dell’Expo, studia una soluzione per il nuovo stadio San Siro, Roma è totalmente bloccata. E, tra inchieste giudiziarie, provvedimenti emozionali e deficit amministrativi, si trova in un indistricabile intreccio tra “non saper fare e non voler fare”. Basti pensare al commissariamento che incombe sugli uffici capitolini per l’inerzia nel rilascio di 30 permessi di costruire, o alla storia senza fine del progetto dello stadio della Roma. Per non dire dell’oblio in cui sono caduti anche i progetti del principale player immobiliare pubblico italiano, la Cassa Depositi e Prestiti, dal progetto del Flaminio, alle Torri dell’Eur, all’ex Poligrafico di piazza Verdi.

Oggi Roma è riversa su se stessa, senza una guida autorevole, senza una prospettiva e, ahinoi, rassegnata. Con la cittadinanza insoddisfatta e impotente, mentre il sistema delle imprese sembra in attesa di tempi migliori. Anche perché come ci dimostra il recente caso del negozio di via Condotti affittato alla cifra record di 6 milioni l’anno, l’inerzia aumenta il divario tra centro e periferia. Perché lo stallo economico tende comunque ad accrescere le disparità sociali e le differenze tra quartieri ricchi e poveri. Creando di fatto una Roma a due velocità in una Italia a due velocità.



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