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Salvini ha ragione sulla Difesa, quelle cose avrebbe dovuto dirle Trenta. Il generale Arpino

Arpino

Stiamo forse assistendo “solo a una nuova puntata del gioco politico”, ma nel merito ha ragione Matteo Salvini: bisogna rilanciare gli investimenti nella Difesa. Nei modi, era meglio se lo avesse detto il presidente del Consiglio. Parola del generale Mario Arpino, già capo di Stato maggiore della Difesa, grande conoscitore del settore e delle dinamiche politiche che da sempre lo accompagnano. Gli abbiamo chiesto di commentare il botta e risposta tra il vice premier e il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, una discussione che dalle battute isolate sulla leva militare si è allargata nelle ultime ore alla difesa nel suo senso più ampio. Ieri, si sono registrati anche gli interventi dei sottosegretari leghisti a Interno, Nicola Molteni, e Difesa, Raffaele Volpi, critici nei confronti della titolare di palazzo Baracchini che si era detta contenta del cambiamento di idea di Salvini sui corridoi umanitari (“meglio tardi che mai”). Sulla medesima linea anche la risposta dello stesso capo del Viminale cui la Trenta ha poi ribattutto oggi sulle colonne del Corriere, accodandosi alle richieste di dimissioni del sottosegretario Armando Siri. Il risultato è che i temi della difesa sembrano avere guadagnato posizioni, o almeno attenzione, nell’agenda di governo.

Generale, da un paio di giorni il vice premier Matteo Salvini sta intervenendo come mai prima d’ora sui temi della difesa a tutto campo. Ha anche affermato che se la Lega guidasse palazzo Baracchini, investirebbe di più per le Forze armate, criticando i tagli alle spese militari. Perché questo inedito interessamento?

Credo che stiamo assistendo a una nuova puntata elettorale, anche se quello che ha detto Salvini è totalmente giusto e corretto. Certo, era meglio se lo diceva qualcun altro, ad esempio il presidente del Consiglio o il ministro della Difesa. Così non è, anche perché in vista delle prossime elezioni il gioco politico comporta come sempre invasioni di campo, e non solo da parte del ministro dell’Interno. A ciò si aggiunge però un fatto reale.

Quale?

Il merito della questione posta da Salvini è corretto. Siamo di fronte a un effettivo blocco che riguarda qualsiasi tipo di attività di ammodernamento, rinnovamento e arruolamento, anche per ciò che riguarda ad esempio le missioni all’estero dei nostri militari, prive ancora oggi di un decreto che ne assicuri copertura giuridica e finanziaria. Come molte altre cose, tali questioni sono finite nel sistema di pesi e contrappesi del contratto di governo, sistema che blocca tutto trasformandosi in un sistema di ritorsione e ricatti reciproci e continui. In sintesi, Salvini ha ragione nel merito; nei modi non era lui a doverlo dire, ma gli è stato consentito da una realtà immobile.

I due hanno discusso anche sulle competenze relative ai porti e alla gerarchia su Guardia Costiera e Marina militare. Anche qui è una dinamica politica o c’è dell’altro?

Penso sia una discussione solamente politica. Sulle competenze non c’è dubbio alcuno, così come sul fatto che alcune vadano concertate tra più dicasteri. Tra l’altro abbiamo oggi un’operazione in mare portata avanti dall’Europa, Sophia, la cui terza fase non è mai stata attuata. Essa prevederebbe di neutralizzare le imbarcazioni e le strutture logistiche usate dai contrabbandieri e trafficanti, ma richiede una risoluzione dell’Onu. Se venisse attuata, molti problemi di questo tipo, compresa l’eventuale chiusura dei porti, non ci sarebbero.

Tra gli argomenti tradizionali del confronto tra Salvini e Trenta c’è anche la leva obbligatoria, con il primo che dice di volerla reintrodurre, e la seconda che ammetta il romanticismo dell’idea ma anche la sua inattuabilità. Come stanno le cose?

Sono stato tra coloro che hanno lavorato alla legge prima che venisse promulgata quando ero capo di Stato maggiore della Difesa. È stato uno dei provvedimenti più discussi nella storia del Parlamento su argomenti militari. Ricordo decine di audizioni e devo dire che qualche dubbio già lo avevamo allora. Dubbi che personalmente si sono dissolti durante l’impegno nella Guerra del Golfo, quando abbiamo visto da vicino cos’era diventata la guerra, rendendoci conto che i tempi della leva obbligatoria, almeno ai fini dell’utilità militari, erano superati. È stato un passo faticoso, ma credo che non si possa tornare indietro.

Ci sono comunque alcune questioni da registrare, come l’invecchiamento delle Forze armate.

Certo, non tutto è andato a compimento come avremmo voluto. Ciò è evidente proprio nell’invecchiamento dello strumento militare a cui stiamo assistendo. Ci sono parti ancora da perfezionare, perché l’esodo è andato a rilento e gli arruolamenti graduali previsti non sono andati a buon fine. Lo stesso per la rivoluzione dei volontari a tre, cinque o dieci anni, per cui era previsto un reinserimento nelle Forze di Polizia che invece ha registrato più di qualche problema, anche per la loro volontà di occuparsi direttamente dei rispettivi arruolamenti. Un frenaggio complessivo di carattere tecnico e legislativo che non ha consentito alla parte amministrativa di seguire quella operativa, che invece è andata molto bene.

Ha dunque ragione il ministro Trenta: reintrodurre la leva è inutile?

Da un punto di vista operativo e militare assolutamente sì. Per altri aspetti la leva servirebbe. Si sta discutendo di formule di qualche mese di servizio civile con regole militari (diverso da quello che intendiamo oggi con ‘servizio civile’). Credo che la nostra società avrebbe la necessità di far rizzare la schiena ai ragazzi di oggi.

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