Skip to main content

Il successo dell’estrema destra in Spagna è un antipasto delle europee

Alle 23 di domenica 28 aprile, con più dell’85% delle schede scrutinate, la sinistra festeggia le elezioni generali in Spagna. Ma il Partito Socialista Operaio Spagnolo (Psoe), pur avendo di fatto vinto le elezioni, ha bisogno di un accordo con altre forze politiche per formare un nuovo governo. Con il 29,61% dei voti e 126 seggi, di gran lunga di più rispetto agli 85 ottenuti alle elezioni del 2016, il Psoe non può comunque governare da solo. Tra le sorprese del risultato elettorale c’è l’estrema destra del neonato partito Vox che riesce ad entrare per la prima volta nel Parlamento nazionale con il 10%, cioè 24 parlamentari.

Una tendenza che si ripeterà alle elezioni europee, sempre rispetto alla Spagna, ma potrebbe non replicarsi in Italia perché si tratta di scenari diversi.

In una conversazione con Formiche.net, Paloma Román, direttrice della Scuola Governo dell’Università Complutense di Madrid, ha spiegato il risultato elettorale spagnolo: “Una chiara sconfitta della destra perché frammentata. La sconfitta è una conseguenza di quella divisione […] È molto probabile che il Psoe di Pedro Sánchez (nella foto) cercherà un’alleanza con Unidos Podemos per governare, ma avrà bisogno dei partiti piccoli e in questo le forze politiche separatiste saranno decisive”.

L’analista non crede probabile un accordo tra il Psoe e Ciudadanos (fattibile sui numeri) perché si tratta di due partiti ideologicamente distanti. E Albert Rivera, giovane leader di Ciudadanos, ha fatto di quella distanza una bandiera politica in campagna elettorale.

Da tenere d’occhio, invece, il partito di estrema destra Vox: “Che non ha dato quanto dicevano i sondaggi, ma festeggia lo stesso, perché da 0% a 10%, cioè 24 deputati in Parlamento è un grande successo. Il fenomeno Vox è molto complesso e non bisogna perderlo di vista”.

Non ci sono dubbi però che i risultati elettorali della Spagna rappresentano un test di quanto può succedere alle europee, più di quanto possano dire i sondaggi. Per Román, se ci fosse più tempo, tutto potrebbe cambiare: “Ma a meno di un mese al voto per il Parlamento europeo penso che questa sarà la tendenza generale […] In Italia però può non succedere così. Perché la Lega di Salvini è al governo con il Movimento 5 Stelle, un partito molto diverso da Podemos […] La Spagna reagisce così perché da dicembre del 2015 viviamo in una totale instabilità politica e istituzionale, non si riescono ad approvare le leggi, viviamo in un completo stallo. Per voi italiani non è proprio così”.

Molto probabilmente per la destra lo scenario sarebbe stato diverso se al posto di Pablo Casado si fosse presentata Soraya Sáenz de Santamaría. Come ricorda la politologa, “alle primarie del Partito Popolare, l’ex vicepresidente ha perso anche se in realtà aveva vinto. Stasera abbiamo commentato che i risultati forse sarebbero stati diversi con lei come candidata premier […] La verità è che dall’anno scorso in Spagna c’è un forte movimento femminista in politica, ma nonostante la retorica, i partiti non hanno accettato le donne nella leadership. Con l’irruzione di una donna in campagna elettorale (che in realtà è stata dominata dai maschi) è molto probabile che tutto sarebbe cambiato”. Una strategia da tenere in conto, forse, per la partita europea.

Sebbene la situazione di blocco per la Spagna sembra non essere cambiata, Román non si augura un nuovo ritorno alle urne: “Non lo vorrei e credo anche che sono risultati moderati ma importanti. Gli spagnoli sono stanchi dell’instabilità e sperano comunque che si possa formare un governo che guidi il Paese per quattro anni. Gli effetti di questo stallo, trascinato dal 2015, pesano su tutta l’Europa”.


×

Iscriviti alla newsletter