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Tria, il Def e lo stallo dell’economia italiana

Questo governo ormai è inattendibile e sui conti pubblici noi italiani sicuramente siamo già più che allertati dalla situazione di emergenza in cui ci troviamo, con i provvedimenti che sono stati adottati e che ci hanno portato giù nel declino e nel disastro. Domani o dopodomani sarà il Def, il documento di programmazione che il ministro Giovanni Tria deve presentare, che chiarirà questa impresentabile disfatta. Oppure sarà la legge di bilancio autunnale, salvo la necessità di farla precedere da una manovra correttiva che riduca almeno un po’ lo scarto tra le indicazioni contenute nella legge finanziaria varata a dicembre scorso e la realtà delle condizioni del ciclo economico e della finanza pubblica.

L’apice del programma di governo contenuto nel famoso “contratto” e il conseguente “stallo” che si è creato dentro l’esecutivo e nella maggioranza parlamentare che lo sostiene ha bloccato il nostro Paese. I due azionisti del governo, Lega e 5 Stelle, in totale dissenso su tutto, fanno liti e il presidente Sergio Mattarella è sempre pronto a “riparare” per quanto sia possibile i danni enormi per la salvaguardia degli interessi del Paese. Per nostra misericordia sono più gli italiani che giudicano negativamente la politica economica gialloverde fatta fin qui di quelli che l’approvano e dobbiamo augurarci che il ministro Tria, forte dell’appoggio del Quirinale, sia in grado e deciso nell’adottare una linea che sia di verità detta al Paese, di argine a derive populiste (vedi le banche), di rigore nella gestione della finanza pubblica e di spinta agli investimenti produttivi e infrastrutturali, a cominciare dalla Tav.

Noi ci auguriamo che agisca in questo modo e riteniamo che sia anch’egli disgustato dagli attacchi personali che ha subito, ma non è l’unico anche perché a chiederglielo, oltre che il Colle – e già sarebbe più che sufficiente, per lui – sono tutti gli interlocutori internazionali, europei e non, preoccupati che l’Italia salti in aria trascinando nuovamente l’Eurozona, e con essa altre aree economiche e monetarie, nell’ennesima fase di crisi. D’altronde è aumentato il livello di tensione dentro governo e maggioranza e la situazione è insostenibile: è indispensabile che la scelta di Tria sia di presentare un Def veritiero e non elettorale non cadendo nella scia deleteria di precedenti governi che in questi anni hanno adottato il criterio speculativo di fare del documento di programmazione un falso in bilancio, scrivendo previsioni virtuose, cui Bruxelles faceva finta di credere, che tutti sapevano non avrebbero retto a consuntivo.

Ma che era anche, convenzionalmente, il modo per fare deficit e spending: non dicendolo preventivamente, anzi. Terza Repubblica capitanata da Enrico Cisnetto ha preso le previsioni del rapporto deficit-pil contenute nei vari Def e le ha confrontate con il consuntivo. Dal 2011 in poi sulle 22 previsioni contenute nei 7 Def presi in esame (escluso l’ultimo, scritto “a politiche invariate” dal governo Gentiloni dimissionario), solo una volta il deficit preventivato si è rivelato superiore o almeno uguale a quello poi riscontrato a consuntivo l’anno dopo. In tutti gli altri casi i governi sono sempre stati poco virtualmente “ottimisti”, con uno scarto che in media è risultato di quasi un punto percentuale (0,86 per la precisione).

Ora non si può più nascondere niente: abbiamo una condizione recessiva con una crescita del pil pari allo 0,1% ed è più probabile – perché largamente stimato dai maggiori centri di analisi internazionali – che davanti a quel decimo di punto ci sia il segno meno. Questo governo vuole arrivare alle elezioni del 26 maggio negando ostentatamente la crisi ma comunque sia, chi vorrà prendere in mano una nuova manovra che deve aumentare l’Iva per 52 miliardi effetto accumulo dei problemi lasciati irrisolti da anni e di tutte le bugie raccontate a quegli italiani che ci hanno creduto? Chi incrementa oggi la sua storia retributiva sul versante pensionistico acquista solo dei diritti che non saranno onorati dai giovani di oggi perché non ci saranno le risorse e continuerà il blocco dell’adeguamento delle pensioni, anche perché gli andamenti demografici ci dicono che c’è un processo di invecchiamento e una denatalità inversamente proporzionale.

Le pensioni a quota 100 sono tutte lunghe e a scapito dei giovani e resta una bugia grossissima il fatto che andare in pensione prima rilancia l’occupazione. Circa 700 mila insegnanti e bidelli, il settore sanitario che rimane senza medici e l’Italia, si impoveriscono sempre di più con le aziende senza risorse, perché anche il welfare soffre moltissimo e questo governo non ha favorito il welfare aziendale che è la trasformazione di una parte della retribuzione tassata in retribuzione esente e la cui funzione principale è quella di conciliare il tempo di lavoro con il tempo per la famiglia. Senza un Piano nazionale vero per gli asili nido,senza un incentivo per negozi e aziende, attività produttive, se non si sostengono i distretti produttivi con i servizi per le famiglie compresi gli anziani, le coppie continueranno a non fare figli perché non sanno a chi lasciarli e gli anziani staranno sempre più soli.

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