Durante la crisi tra Italia e Francia nello scorso febbraio, la Confindustria italiana e il Medef francese furono protagonisti di un atto di lungimiranza politico-strategica che ci ha indotto a riflettere sul tema della diplomazia economica e sul peso che essa può assumere nel processo di rigenerazione del patto europeo che unisce popoli, rappresentanze economico-sociali e Stati nazionali nei diversi livelli istituzionali.
Il 7 febbraio 2019, come ricordato con gratitudine dallo stesso presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Geoffroy Roux de Bezieux e Vincenzo Boccia decisero di confermare l’incontro previsto a Versailles pochi giorni dopo, per sottoscrivere il Manifesto per l’Europa già siglato sul finire 2018 tra le imprese di Italia e Germania.
La telefonata con cui i due presidenti decisero di mandare un segnale alla politica italiana e francese avvenne mentre a Milano era in corso Connext, l’evento con cui Confindustria promuove se stessa e il senso della propria rappresentanza: favorire la crescita delle imprese italiane dentro una visione aperta dell’economia, capace di unire e non dividere, nella quale cooperazione fa rima con competizione in una fase della globalizzazione dove l’interdipendenza dei mercati unisce sempre più in uno solo, i destini di tutti.
Abbiamo pensato di avviare il nostro viaggio di approfondimento proprio da Milano con un’intervista al presidente della Camera di Commercio Francese Denis Delespaul che, pochi giorni dopo l’incontro a Versailles tra Confindustria e Medef, promosse un pranzo, allargato alle Camere di Commercio italiana e tedesca, con Vincenzo Boccia. L’iniziativa, che caratterizza la Camera di Commercio Francese per una forte volontà di integrazione europea, ha avuto un gran successo segnando una condivisione unanime del percorso proposto da Confindustria. Abbiamo pensato di sottolineare questa iniziativa chiedendo a un approfondimento di finalità e aspettative.
Quale pensa possa essere il ruolo delle Camere di Commercio nel favorire una sempre maggiore integrazione economica tra Paesi, nel quadro di un rafforzamento del progetto europeo?
Intanto per sua natura la Camera di Commercio è un luogo di integrazione, di scambio culturale ed economico, di conoscenza e diffusione di modelli imprenditoriali di successo, per accrescere la conoscenza, in questo caso, del mercato italo-francese e la propria cultura di impresa: la Camera di Commercio è un luogo denso di soci, di imprese, uno spazio per favorire incontri, iniziative e dunque alimentare la crescita stessa della Chambre.
Ma c’è un punto che caratterizza la nostra azione: noi dichiariamo che ospitiamo le imprese che intendono costruire un “business etico”, per noi la responsabilità sociale è un obbligo non solo come principio etico a cui ispirarsi ma come funzione stessa a cui adempiere. L’obiettivo è creare lavoro di qualità, rispettare le regole, assumere un ruolo dentro la comunità in cui si opera per favorirne lo sviluppo su principi di equità e promozione sociale.
C’è poi un altro elemento: la Cci France Italie è la prima rete d’affari franco-italiana, la Chambre riunisce oltre 300 imprese francesi e italiane dentro un network più ampio che conta 123 Camere di Commercio in 92 Paesi. Grazie a questa rete, che è la nostra forza, da un lato offriamo un contributo significativo all’internazionalizzazione di Milano, dall’altro favoriamo l’export italiano verso la Francia e le nostri reti di business nel mondo ed è proprio così che contribuiamo fattivamente a rafforzare l’impresa europea e l’integrazione tra Paesi.
Il sindaco di Milano spesso richiama ad un ruolo culturale che città e imprese possono svolgere nel guidare processi di cambiamento economici, sociali ed ambientali. Lei è d’accordo? E se sì, quale pensa possa essere il contributo delle Camere di Commercio, che crescono negli ecosistemi urbani, alla formazione di una comune “coscienza” europea?
Milano per noi è un esempio. Non è retorica la mia, ma una convinzione che nasce dall’esperienza personale vissuta nel corso degli anni. Ricordo che quando tanti anni fa iniziai la mia attività professionale a Bordeaux, una delegazione di quella città si recò a vedere come Milano si fosse organizzata per la raccolta differenziata dei rifiuti e il decoro urbano considerandola un esempio virtuoso. Milano è un esempio anche per Parigi e gli ottimi rapporti tra i sindaci delle due città sono per noi tutti motivo di orgoglio. In generale noi francesi dobbiamo riconoscere che spesso gli italiani giungono in anticipo su tutti gli altri con intuizioni ben fatte, ben organizzate. Nello specifico, il sindaco di Milano tocca un punto reale: è dentro le città che la cultura d’impresa può tornare ad alimentarsi di quella linfa di creatività, ingegno, capacità di visione in grado di trascinare la ripresa economica Europea.
L’ecosistema urbano è fisiologicamente il terreno prioritario su cui sviluppare organizzazione innovativa dove pubblico e privato collaborano e si migliorano vicendevolmente per rispondere al bisogno sociale: come rete di protezione certamente, ma sempre di più come rete di promozione sociale. Accrescimento delle competenze digitali, sperimentazione di modelli organizzativi, integrazione tra imprese, scuole di formazione, università, dentro una visione di sviluppo della comunità locale. Nel corso della conferenza stampa di conferma della French Tech a Milano, la stessa nostra Ambasciata ha salutato positivamente la rete delle città europee come elemento propulsore della crescita in una dinamica di lealtà istituzionale agli Stati auspicando un peso sempre maggiore dentro le istituzioni internazionali a partire dall’Ocse. Mi lasci aggiungere un’altra cosa però… di cui vado. orgoglioso
Prego…
A Milano come Camera di Commercio stiamo allargando i nostri uffici per rafforzare concretamente il business italo-francese: ecco penso che in questo modo onoriamo non soltanto la nostra specifica missione, diventiamo anche lo strumento attraverso cui avvicinare popoli su una comune concezione di società aperta che non lasci indietro nessuno. Il prossimo 11 Giugno abbiamo organizzato una cena di gala aperta alle istituzioni milanesi e agli operatori che intendano conoscere meglio la nostra realtà: il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia sarà ancora con noi a testimoniare che il percorso avviato a Versailles lo scorso febbraio è solo l’inizio.
A Milano negli ultimi vent’anni abbiamo imparato a conoscere da vicino aziende nel settore energetico, della distribuzione, dei servizi al lavoro e della depurazione… qual è secondo lei il contributo di queste grandi aziende allo sviluppo della città ?
Credo che Milano stia offrendo un gran lavoro di innovazione nel sistema dei servizi per il quale le imprese francesi danno il loro contributo. Milano è inclusiva sul merito delle proposte, non ti chiede di che nazionalità sei: ti dice hai una buona idea? Realizziamola. Credo che questo sforzo dovrà presto essere assunto come contributo della città allo sviluppo nazionale: Milano è capace di stare al passo con i tempi garantendo risposte ai bisogni delle persone, delle famiglie e delle imprese senza perdere il senso di comunità. Per parlare ancora di noi, mi viene in mente l’apporto all’internazionalizzazione: prenda i Carrefour che consentono a Milano, e non in Francia, di disporre di servizi aperti H24. Questo è un contributo francese che si inserisce in quella prospettiva di modernità e comunità, perché avviene con una programmazione di turni lavorati a rotazione in modo da ripartire equamente notti e festivi nel corso dell’anno.
Recentemente lei è stato a Napoli e ha detto di aver conosciuto esperienze produttive “interessanti”, ci vuol fare qualche esempio e dirci interessanti per cosa?
Sì lo confermo. A Napoli ho respirato un clima di ottimismo che mi ha colpito: tra gli imprenditori napoletani e campani c’è energia, capacità di associarsi e cooperare, e grande creatività. Per esempio ho visitato ecosistemi di Start Up estremamente vitali. Non solo, sono stato in realtà di Co-Working ben organizzate, dove il networking, lo scambio di esperienze e la gestione degli spazi sono armonici, virtuosi. Tutto questo lo si deve allo spirito degli imprenditori, una ricchezza che l’Italia deve saper valorizzare ancora di più perché essi sono il motore per lo sviluppo dell’intero mezzogiorno. Un vero sostegno all’intera economia europea. Sono convinto che lavorare sul miglioramento dell’efficienza dei servizi pubblici in città possa attrarre a Napoli ulteriori investimenti e il conseguente insediamento di imprese internazionali.
Nel corso della conferenza stampa di riconferma della French Tech Community, l’Ambasciata francese ha ripetuto più volte che attivando strumenti simili la Francia si aspetta “di imparare molto dall’Italia, di valorizzare le migliori capacità ingegneristiche e di favorire investimenti italiani in Francia”. Secondo lei le imprese italiane che cosa possono insegnare a quelle francesi?
La cultura imprenditoriale italiana è più forte di quella francese. È così, noi francesi dobbiamo dirlo a noi stessi. Gli imprenditori italiani sono più autonomi dalla pubblica amministrazione di quanto lo siamo noi, accettano maggiormente il rischio, sono orientati all’intraprendenza in ogni intuizione. L’imprenditore italiano non ha paura, è più dinamico e il dato stesso delle esportazioni italiane verso la Francia lo dimostra.
Nella relazione Italia Francia si palesa un messaggio chiaro all’intera società europea: non chiudiamoci, apriamoci, l’Europa continui ad essere società aperta perché nella relazione con l’altro, i talenti di ciascuno migliorano con beneficio per tutti. Per me è innegabile che le imprese italiane siano il motore propulsivo dello sviluppo Paese, valorizzarne l’azione significa accelerare la crescita dell’Italia. Dentro l’impresa italiana si sviluppa un patto sociale virtuoso fondato sul valore del lavoro: produttività, flessibilità organizzativa e welfare. Il saper fare italiano è superiore al nostro, tanto è vero che anche nelle operazioni economiche che i francesi concludono in Italia, il corpo operativo dell’azienda rimane saldamente italiano.
Noi francesi però sappiamo comunicare meglio, sappiamo valorizzarci di più, siamo capaci di partire dalle nostre eccellenze per costruire attorno ad esse un senso di appartenenza nazional popolare.
Dunque come definirebbe la sinergia italo francese?
La parola che meglio si addice è complementarietà.