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Maduro prosegue la persecuzione dei parlamentari. Per Amnesty va processato

Nuovi giro di vite del regime venezuelano. L’Assemblea nazionale costituente, organo fondato da Nicolás Maduro, ha revocato l’immunità parlamentare ad altri cinque deputati del Parlamento. Accusati di tradimento alla patria e terrorismo, i deputati dell’opposizione Juan Andrés Mejia, Freddy Superlano, Sergio Vergara, Miguel Pizarro e Carlos Paparoni sono stati inseriti nella “lista nera” della Corte Suprema di Giustizia.

Franco Manuel Casella Lovaton, uno dei parlamentare perseguiti, ha trovato rifugio nell’ambasciata del Messico a Caracas. L’informazione è stata confermata in un comunicato dei diplomatici messicani: “Con questa decisione, e in accordo con il diritto internazionale, il Messico ribadisce il suo impegno per il rispetto, la protezione e la promozione dei diritti umani di tutte le persone, a prescindere dal loro orientamento politico”.

Ma la battaglia di Maduro contro il Parlamento non si limita al piano giudiziario. Ieri la seduta parlamentare è stata sospesa perché agenti dei servizi di intelligence militare hanno bloccato l’ingresso al palazzo legislativo. La motivazione, secondo loro, era per un sospetto pacco-bomba. Tuttavia, il presidente del Parlamento, Juan Guaidó, ha denunciato l’operazione intimidatoria via Twitter. All’ordine del giorno c’era il sequestro del vicepresidente del Parlamento, Edgar Zambrano, ed altre detenzioni illegittime, persecuzioni e perquisizioni compiute recentemente da parte del regime contro i parlamentari venezuelani. Inoltre, si doveva discutere sulla distruzione del potere acquisitivo e del salario dei venezuelani e un piano per il ritorno in vigore della Convenzione americana sui diritti umani in Venezuela.

AMNESTY

Tutti argomenti che sono sotto osservazione da parte di istituzioni internazionali, tra cui Amnesty International. Nell’ultimo report intitolato “Fame di giustizia: i crimini contro l’umanità in Venezuela”, l’ong impegnata nella difesa dei diritti umani ha denunciato “le esecuzioni extragiudiziali selettive, le detenzioni arbitrarie e i morti e feriti causati dall’uso eccessivo della forza da parte del governo di Nicolás Maduro come parte di una politica sistematica di repressione almeno dal 2017 possono costituire crimini contro l’umanità”. I reati si sono registrati in ogni parte del Paese con la complicità delle forze di sicurezza. Secondo Amnesty International, i dati racconti e analizzati portano a credere che siano stati commessi crimini contro l’umanità e “il regime venezuelano deve essere ritenuto responsabile davanti al sistema giudiziario internazionale”.

L’invito, dunque, è che “il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani istituisca una commissione d’inchiesta durante la sua prossima sessione a giugno e luglio 2019 sul Venezuela […] La procura della Corte penale internazionale, che ha avviato un esame preliminare sul Venezuela all’inizio del 2018, dovrebbe tenere conto anche di questi eventi”, da quanto si legge nel report.

LA RUSSIA

Tuttavia, per la Russia di Vladimir Putin il Venezuela non può essere vittima di ingerenza straniera. Nell’ultimo incontro tra il segretario degli Stati Uniti, Mike Pompeo, e il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, è emersa la volontà dei due Paesi di lavorare insieme, nonostante le divergenze su tanti temi di politica estera, tra cui la crisi venezuelana. Alla riunione di ieri a Sochi, la prima di Pompeo come capo della diplomazia americana, ha partecipato anche il presidente Putin.

“Sul Venezuela siamo in disaccordo – ha dichiarato Pompeo alla fine dell’incontro -. Tuttavia, gli Stati Uniti sono pronti a trovare un terreno comune con la Russia […] A Nicolás Maduro è arrivato il momento di andarsene, lui non ha portato altro che miseria ai venezuelani. Speriamo di contare con il sostegno della Russia per la fine di Maduro”.

Invece per Lavrov, sono i venezuelani a dovere decidere quando e come porre fine al governo del leader socialista. La richiesta di ritirare l’appoggio russo a Maduro è stata respinta dal capo della diplomazia russa, che considera le minacce di Washington molto lontane dal sistema democratico: “La democrazia non si raggiunge con l’uso della forza […] Bisogna ricordare cosa è successo nel 2003. A maggio del 2003 abbiamo sentito George W. Bush dire che non c’era democrazia in Iraq e ricordiamo cosa si è detto nel 2011 di Muʿammar Gheddafi e ora ci sarebbe democrazia in Libia. Tutti sappiamo che tipo di democrazia c’è in Iraq e in Libia. Nulla di buono è uscito da lì”.

Per Lavrov la strada vincente può essere quella del Meccanismo di Montevideo, un’iniziativa del Messico e l’Uruguay per trovare una soluzione negoziata alla crisi del Venezuela. Ma il Meccanismo di Montevideo non è accettato dall’opposizione venezuelana, che respinge il dialogo con il governo di Maduro finché continuino i gravi episodi di repressione, intimidazione e persecuzioni contro gli oppositori.

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