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Attenti ad attaccare il Papa, così si va a sbattere. Parla Impagliazzo

“La Chiesa aiuta milioni di italiani e continuare a dire che gli italiani non hanno i soldi per pagare la bolletta non ha senso, qui la Chiesa aiuta tutti, questo va spiegato bene. Una delle polemiche è sul perché la Chiesa aiuta gli immigrati e non gli italiani. La Chiesa aiuta tutti”. Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, ci va giù chiaro, mentre il clima da campagna elettorale si infuoca ogni giorno, tra gli striscioni di Forza Nuova in via della Conciliazione contro Papa Francesco e l’elemosiniere pontificio Konrad Krajewski che si infila in un tombino per riallacciare la corrente elettrica di uno stabile occupato nel quartiere Esquilino a Roma, in via Santa Croce in Gerusalemme, da centinaia di persone, famiglie e bambini in stato di difficoltà economica.

“Il primo è don Corrado che aiuta gli italiani, perché tra i senza fissa dimora la maggioranza sono italiani che lui aiuta tutti i giorni. Sono discorsi ideologici, che non tengono conto della realtà e della sofferenza delle persone. A soffrire sono anche tantissimi italiani che la Chiesa, in tutte le sue espressioni, sta cercando di aiutare. Così come aiuta gli stranieri. Aiuta la persona umana”, spiega Impagliazzo, sottolineando a più riprese il concetto. “Le strumentalizzazioni da campagna elettorale le conosciamo ormai da vari decenni. Dico però a tutti, politici e non politici: stiamo attenti a metterci contro il Papa, perché è un principio di unità in questo mondo, un principio di pace. Proprio oggi che ci mancano i riferimenti a tanti livelli, sia spirituali sia morali, si attacca uno degli ultimi riferimenti rimasti a livello universale. In questo modo andiamo soltanto a sbattere”.

È notizia di tutte le prime pagine il gesto dell’elemosiniere del Papa contrapposto agli striscioni di Forza Nuova in via della Conciliazione. Che cosa ci testimonia questo gesto, oggi, per quanto riguarda la Chiesa, e il suo rapporto con l’attualità politica? 

Il gesto di don Corrado è quello di un uomo che vive dalla parte dei poveri e della povera gente, che aiuta tutti, italiani e immigrati, chi è nel bisogno, senza guardare passaporto o provenienza. È una persona che ha fatto della sua qualifica di Elemosiniere uno degli aspetti della Chiesa in uscita di Papa Francesco. Finora l’elemosiniere distribuiva aiuti alle persone dal suo ufficio in Vaticano, don Corrado ha interpretato questo ruolo secondo il pontificato di Papa Francesco. Cioè in uscita: è lui che va a distribuire, assieme a dei volontari, le cene alle stazioni, è lui che visita le persone malate negli ospedali, che si occupa di tanti casi, ed è lui che personalmente si mette in gioco. Quindi il gesto dell’altro giorno è in linea con il suo stare dalla parte dei poveri, senza se e senza ma.

Il gesto però purtroppo si inserisce anche all’interno di una campagna elettorale. All’occhio di molti, osservatori ma anche elettori, dall’opposizione prima della Cei ora si è passata a quella del Papa. Non c’è il rischio che la Santa Sede venga trascinata nella polemica politica, con un clima conflittuale?

Io penso che questo gesto è stato male interpretato da alcuni, in maniera malevola. Primo perché non va solo a favore degli immigrati ma anche degli italiani, in quella casa ce ne sono tantissimi. Il tema dell’abitare è uno dei più complessi e drammatici della nostra società, particolarmente a Roma, che nessuna politica ha affrontato seriamente e che non può essere affrontato in maniera solo securitaria. Il tema dell’abitare dovrebbe essere messo all’ordine del giorno della politica. Quindi che ci sia stato un gesto di pietà verso queste persone non lo vedo inserito nella campagna elettorale, ma come una necessità primaria. E non mi sembra che il Vaticano si stia immischiando nella campagna elettorale, ma al contrario segnala che la politica, da qualsiasi parte, ha fatto ben poco su questo tema dell’abitare.

Il caso dell’immobile occupato, a detta di alcuni osservatori, riguarda un’emergenza di un contesto urbano tipicamente romano. Significa che a Roma c’è una mancanza di attenzione agli ultimi?

Roma oggi è una città più diseguale e ferma: sullo sviluppo, sul sociale, sul contrasto al disagio e sul problema dell’abitare. Da tempo Sant’Egidio ha proposto che si creasse un’agenzia dell’abitare, una cabina di regia tra enti locali, quindi comune, regione e altri, case popolari, proprietari di case e associazioni che seguono queste persone, perché si potesse mettere insieme tutte le forze e provare, se non a risolvere quanto meno ad affrontare il tema del diritto ad abitare. Tutto questo non è stato fatto. E da una parte c’è solo la politica dello sgombero. Anche se Raggi ha lavorato bene sul tema della case popolari facendo rispettare le regole, o cercando, e abbiamo visto manifestazioni vergognose di contrarietà a persone povere che avevano diritto alla casa.

Dai giornali emerge una situazione molto tesa, anche nelle periferie, e quindi i fatti di Casal Bruciato. Qual è la parte che gioca in questa diatriba la Chiesa?

La Chiesa è fatta da tante persone, dal cardinale Krajewski, da Sant’Egidio, la Caritas, le parrocchie… È fatta anche dai cattolici che non amano gli immigrati. Da tante persone. Ora si sta cercando di lavorare con l’elemosineria pontificia per portare i poveri al centro dell’attenzione, un lavoro che Sant’Egidio fa da molti anni, in strada, cercando chi ha bisogno di una mano, tanti senza fissa dimora per i quali siamo riusciti a creare delle piccole convivenze. Si parla di quasi cinquecento persone che siamo riusciti a tirare fuori dalla strada, e che oggi hanno un alloggio. Si parla anche di famiglie rom. La chiesa lavora caso per caso, sui problemi reali delle persone. E naturalmente questo, purtroppo, tante volte, si scontra con politiche di chiusura.

Il ministro Salvini, pur criticando l’elemosiniere, si appella comunque al cattolicesimo, e a un elettorato cattolico. Si sta lavorando a una spaccatura dentro la Chiesa?

Io non giudico nessuno né tanto meno giudico la fede di nessuno. Io ho letto il Vangelo e l’ho sempre praticato in una certa maniera. Nel Vangelo il capitolo 25 di Matteo è uno dei brani che suscita maggiore movimento nella vita della Chiesa, nelle opere di misericordia, che sono innegabili. Che si voglia dire che queste opere vanno fatte agli italiani, e non agli stranieri, mi sembra un discorso che nel Vangelo non esiste. Anzi nel Vangelo c’è una grande apertura allo straniero, una delle opere di misericordia è l’accoglienza dello straniero, la parola greca Sinago che si usa in Matteo 25 significa accogliere e integrare, che è quello che il Papa ci chiede e quello che stanno facendo i corridoi umanitari: accoglienza e integrazione. Noi non crediamo nell’accoglienza senza un futuro, e qui bisogna lavorare, soprattutto evitando di creare un linguaggio che divida i cittadini su questo tema. Bisogna creare linguaggi e percorsi che mostrino che l’integrazione è possibile.

E sul tema dell’emergenza abitativa?

C’è un problema di sofferenza delle persone, non si parla di occupanti ma di persone che soffrono. La casa è un diritto, la società si deve porre questo tema. Non è che queste persone occupino per il piacere di farlo, ma perché c’è la crisi economica, lo spread che si è alzato, perché il welfare funziona meno bene del passato. Va sgomberato il campo da semplificazioni e luoghi comuni: bisogna occuparsi di queste persone.

Cioè quanto ha spinto don Corrado a spingersi in quella botola. L’Acea ha detto che bastava una manovra errata per giocarsi la vita. 

Lo ha fatto secondo la sua responsabilità e sensibilità. Qui c’è da dire, sulla polemica delle bollette non pagate, che chi dà la luce a quello stabile non è l’Acea ma Heracom. Il decreto Lupi impedisce che gli occupanti possano essere intestatari di una bolletta. Queste persone potrebbero pagare l’elettricità ma non possono farlo. Qui la politica se fosse intelligente direbbe: troviamo il modo di far pagare, nel momento in cui si occupa, l’elettricità. Aiutiamo l’agenzia che la eroga a ricevere soldi e gli occupanti a mettersi insieme. Loro vogliono pagare, l’avrebbero fatto volentieri. Certo, per trecentomila euro ci vorrà tempo. Più che staccare la luce, bisognava trovare il modo in maniera intelligente di far pagare questa luce.

È diventato uno scontro ideologico?

Uno scontro ideologico che non ha nessun riscontro concreto. Queste persone sono pronte a pagare, ma il decreto Lupi lo impedisce. Non è che il decreto Lupi è contro di loro, ma si trovi una strada per pagare queste bollette.

All’interno di questa sede occupata dell’ex Inpdap c’è un’altra figura, suor Adriana, che stanotte ha chiamato don Corrado, che rappresenta il vicariato e da lì fa attività sociale per il quartiere e per le famiglie povere. Anche questa è evangelizzazione?

La Chiesa è un ospedale da campo, come dice Papa Francesco, quindi accoglie non solo cristiani e italiani ma tutti, perché sono persone umane. Quindi la Chiesa accoglie la persona umana che è nella difficoltà e nel bisogno. Questa suora fa quello che la sua fede le chiede di fare.



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