Pubblichiamo la nota concettuale della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali in occasione della tre giorni di sessione plenaria “Nazione, Stao, Stato Nazione”.
Oggi il mondo si trova ad affrontare la crescente minaccia di una rinascita nazionalista, la cui ideologia esclusivista porta inevitabilmente al rifiuto reciproco e a una conflittualità continua. Eppure la storia stessa dell’umanità ci insegna che, quando le nazioni mettono in comune le proprie potenzialità, esse possono coesistere, cooperare e perfino prosperare insieme.
Non esiste una definizione universale di nazione, ma siamo tutti d’accordo che un popolo che condivide radici etniche, lingua, religione, memoria storica e possiede un desiderio esplicito di agire come unità politica costituisca una nazione. Tuttavia, non tutte le nazioni assumono la forma di uno stato territoriale sovrano, né sono tutti stati nazionali. Perciò, il concetto di nazione può essere inteso come duplice: nazione come popolo che emerge dalla storia e che si concepisce come soggetto politico, e nazione come costruzione politica e ideologica. Questa costruzione è spesso fatta da Stati che si legittimano come forma politica della nazione. Tuttavia, vi sono Stati multinazionali e nazioni senza Stato, e d’altra parte, non esistono Stati-nazione realmente omogenei, essendo tutti composti da individui di origini mista per via dell’immigrazione e degli scambi con le nazioni vicine. Inoltre, quasi tutti gli Stati-nazione hanno minoranze nazionali all’interno del loro territorio.
Le attuali teorie dello Stato sono nate tra la fine del diciottesimo secolo e l’inizio del diciannovesimo: un popolo, un governo, un territorio. Lo Stato-nazione è diventato espressione suprema della sovranità. Tuttavia, la divisione formale del mondo in Stati-nazione sovrani pone due sfide costanti: le minoranze nazionali insediate nello Stato stesso e la rivalità permanente tra Stati-nazione.
Uno stato territoriale può cooperare con altri Stati territoriali, conservando la massima autorità decisionale. Operare una distinzione tra popolo, nazione, Stato e sovranità potrebbe contribuire a stemperare la minaccia di un nazionalismo violento. Infatti, alcuni leader politici manipolano il sentimento nazionale del loro popolo, costruendo un’immagine ostile delle altre nazioni, e questa tendenza comune è causa di conflitti tra nazioni.
Il magistero sociale della chiesa ci offre una visione radicalmente nuova delle relazioni internazionali. Lo Stato è l’ordine legale di una comunità che vuole convivere e il suo scopo è quello di fornire il cosiddetto bene comune, cioè le condizioni che consentono a ogni persona umana di avere accesso a tutti i beni materiali, culturali e spirituali necessari a condurre una vita dignitosa.
La Chiesa attinge a due principi inseparabili che sono immersi nella dinamica stessa della storia umana e vanno ben al di là delle attuali pratiche politiche: l’unità del genere umano e la destinazione universale dei beni della terra. Questi principi non si contraddicono, ma illustrano la visione cristiana fondamentale secondo cui la persona umana, e non il gruppo etnico o la nazione o lo Stato nazionale, è considerata il riferimento ultimo di tutta l’organizzazione sociale.
Nella fase attuale del suo sviluppo, l’umanità dispone di tutti i mezzi tecnici possibili per organizzarsi in modo cooperativo e pacifico. Eppure, la mentalità è ancora plasmata da stereotipi di esclusione dell'”altro”. Infatti, assistiamo a una preoccupante tendenza delle nazioni o degli Stati-nazione a chiudersi, insistendo sui loro presunti interessi. La globalizzazione e le migrazioni ispirano il timore che le nazioni possano perdere la loro identità culturale e la loro indipendenza politica.
Il magistero sociale della chiesa sottolinea come uno Stato, in quanto costruzione politica volontaria, debba sempre essere volto al perseguimento del bene comune. Quando questo bene comune va al di là di ciò che un singolo Stato-nazione può raggiungere da solo, è naturale che sia perseguito da organismi politici sovranazionali dotati di un’appropriata sovranità. I popoli possono percepire se stessi come appartenenti a un’entità più ampia di uno Stato-nazione, senza sentirsi minacciati nei loro sentimenti nazionali.
Il magistero sociale ritiene che un’autorità legittima debba essere in grado di servire il bene comune, a tutti i livelli pertinenti. Sfide come l’ecologia e, in particolare, i cambiamenti climatici, la tratta di persone, l’energia, la difesa, la regolamentazione dell’economia globalizzata non possono essere affrontate esclusivamente da Stati nazionali sovrani in competizione tra loro. L’Unione Europea è un esempio di ciò che potrebbe diventare uno Stato sovranazionale con una sovranità precisa e limitata in materia di bene comune europeo. La dottrina sociale della Chiesa lo definisce “principio di sussidiarietà”, che non distrugge le autonomie nazionali, ma le protegge dall’illusione della sovranità di Stato esclusiva.
La nostra sessione plenaria intende approfondire le ragioni per le quali il nazionalismo è diventato importante in una specifica fase della storia umana; quali sono stati i suoi presupposti e le sue conseguenze; perché, dopo la Seconda Guerra Mondiale, le istituzioni sovranazionali sono diventate sempre più potenti; e perché negli ultimi anni c’è stata una reazione contraria all’internazionalismo e una rinascita del nazionalismo. Casi storici, questioni sistematiche e sfide future si susseguiranno negli interventi dei relatori.