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In Europa potrebbe nascere il gruppo parlamentare dei sovranisti. Parla Giubilei

Il prossimo 26 maggio si terranno elezioni molto significative per il futuro dell’Europa. Saranno le prime elezioni in cui le forze sovraniste potrebbero entrare a fare parte della maggioranza nel Parlamento europeo e provare a imprimere, dalla plancia di comando, quelle istanze di rinnovamento che hanno portato i partiti sovranisti ad accrescere i loro consenti. Alla crescita dei partiti sovranisti di tutta Europa e alla nascita dell’internazionale sovranista è dedicato “Europa sovranista”, il nuovo libro di Francesco Giubilei, editore di Historica e Giubilei Regnani.

Con Formiche.net Giubilei ha parlato delle prossime elezioni europee, dell’incontro tra Matteo Salvini e Viktor Orban e delle sfide, in campo internazionale, del nostro Paese.

La scorsa settimana Matteo Salvini ha incontrato Viktor Orban. In vista delle elezioni europee, secondo lei, è possibile ipotizzare un’alleanza oppure per il Ppe sarà più forte il richiamo della grande coalizione?

Bisognerà vedere quali saranno i risultati delle elezioni europee. Se i sovranisti riusciranno a raggiungere percentuali rilevanti, sarà interessante capire se insieme al Ppe e ai conversatori dell’Ecr riusciranno a comporre un’alleanza di maggioranza e potremmo fare nomine strategiche all’interno della Commissione europea. Si aprirebbe una stagione innovativa. Il vero problema, più che i conservatori e i sovranisti che hanno una linea ben definita sia da un punto di vista etico sia valoriale, è il Ppe che è diviso tra due anime, una più progressista e una che guarda con maggior interesse ai sovranisti. In Italia questa dicotomia è ben rappresenta da Forza Italia nella sua divisione tra gli ex An e chi guarda al Pd come possibile alleato. Io credo che i Popolari dovrebbero stare nel novero del centrodestra perché le forze popolari storicamente sono state in questa area politica e quindi il Ppe dovrebbe pensare a un’alleanza con i sovranisti. In particolare se il desiderio dei popolari italiani è cambiare l’Europa, e Forza Italia ha messo nel suo logo proprio questo slogan, è chiaro che non è possibile pensare a un’alleanza con i socialdemocratici. Il tema principale è capire quale sarà il collocamento del Ppe.

Il leader dell’AfD Jorg Meuthen, in un’intervista a “Repubblica”, ha paventato l’ipotesi di un gruppo unico al parlamento europeo che comprenda le forze che si riconoscono nel Ppe, insieme a i partiti sovranisti e quelli più spostati a destra come il tedesco AdF e lo spagnolo Vox. Secondo lei è possibile? 

Il gruppo unico non credo che sia una strada praticabile perché ci sono differenze e distanze tra i sovranisti e i conservatori che non possono trovare una sintesi all’interno di un gruppo unico. Esistono, tra l’altro, divergenze evidenti anche all’interno della galassia sovranista.

E come si trova la quadra al netto delle differenze?

Una strategia potrebbe essere il contratto di governo, sull’esempio italiano. Si decide di fare un accordo a tavolino su punti specifici, come la ridiscussione della gestione delle politiche migratorie, la revisione sulle norme economiche che garantiscano ai singoli Stati di sforare il rapporto deficit/pil e fare debito per manovre espansive per l’economia e un terzo punto, che sarebbe il messaggio più importante, trovare un accordo sulle radici cristiane dell’Europa e dunque dell’Unione Europea. Se si trova un accordo su 5-10 punti, si può procedere in questa direzione. Poi, certo, per il resto si procede un passo alla volta, parliamo sempre di un parlamento eletto da quasi 500 milioni di cittadini con differenze e particolarismi non solo tra le nazioni ma anche tra i singoli partiti.

Tra i punti citati di questa ipotesi di accordo c’è la gestione dei flussi migratori. Secondo lei ha senso chiedere supporto, nella distribuzione dei flussi, a partiti che in più di un’occasione hanno fatto pesare i loro no a livello europeo?

Diciamo che questi partiti non sono favorevoli alla redistribuzione non tanto dei migranti in sé ma dei clandestini. Orban, altre forze dell’est Europa e l’Austria di Kurz chiedono che a farsi carico dei migranti che arrivano illegalmente in Europa siano i Paesi di primo approdo. Diverso è quello che riguarda i migranti regolari, i rifugiati, che arrivano regolarmente attraverso corridoi umanitari. Per chi arriva, ripeto regolarmente, da contesti difficili in cui ci sono guerre come la Libia o la Siria, anche l’Ungheria o la Polonia hanno deciso di accogliere i rifugiati. Tutte le forze sovraniste sono contrarie all’immigrazione clandestina, diverso è il discorso dei rifugiati. Quando si accusano i sovranisti di razzismo, xenofobia o mancanza di umanità, in realtà lo si fa in modo strumentale, nessun sovranista ha mai chiuso la porta in faccia a chi arriva dalla guerra. Occorre regolamentare e evitare che vi sia chi lucra sulle spalle dei singoli migranti.

Però la bilancia delle percentuali tra chi arriva irregolarmente e chi arriva regolarmente pendono a favore degli approdi irregolari. Quindi anche il supporto che saranno disposte a dare le forze sovraniste all’Italia è relativo.

La sfida è questa, si sposta ad un altro livello. Da un lato ci sarà una funzione deterrente nei confronti degli scafisti e dei trafficanti di esseri umani, nel momento in cui si farà vedere che i singoli Stati europei non sono più disposti ad accogliere tutti indiscriminatamente, caleranno anche gli sbarchi. Dall’altro lato occorre intervenire alla radice del problema, la soluzione non è accogliere tutti ma intervenire nei singoli Paesi in cui si creano le condizioni per l’emigrazione di massa. Il nostro fallimento in quanto occidentali è non essere riusciti a esportare i nostri livelli di condizioni di vita. A nessuno piace abbandonare casa propria o il luogo in cui è nato, la sfida è migliore le condizioni di vita.

Il 18 maggio a Milano ci sarà un grande evento per i sovranisti di tutta Europa. Sarà l’atto fondativo di un nuovo soggetto?

Da quello che si dice, anche a livello europeo, è probabile che il nuovo gruppo nel parlamento europeo nasca dopo le europee. Quello che dovrebbe avvenire il 18 maggio, al netto di colpi di scena, è l’allargamento ad altre realtà, come Vox, che al momento non hanno aderito al progetto dell’internazionale sovranista. Se una forza come il Partito di Giustizia e Libertà polacco deciderà di uscire da Ecr e aderire al soggetto di Salvini, vendendo meno anche i conservatori inglesi, è chiaro che l’Ecr verrebbe meno e si potrebbe ragionare su un nuovo grande gruppo che contenta anche i conservatori. Ma queste sono ipotesi.

Parliamo di politica estera. Che posizione ha preso l’Italia sul Venezuela?

Salvini ha sciolto le riserve e ha preso una posizione a favore di Guaidò, c’è stato un avanzamento rispetto alle iniziali posizioni attendiste del governo italiano. La posizione di neutralità in politica estera non paga.

Perché quest’incertezza secondo lei?

Perché il M5S è più vicino alle posizioni di Maduro. Assurdamente dato che ormai è conclamato che Maduro sia un dittatore.

Come si traduce, in termini pratici, l’appoggio dell’Italia a Guaidò?

Non con la destituzione di Maduro e l’imposizione internazionale di Guaidò. Perché sarebbe assurdo professarsi sovranisti e poi interferire nella vita degli altri Stati. La strada da percorrere è quella della Costituzione venezuelana che permette a Guaidò di diventare presidente ad interim e nel mentre indire nuove elezioni, regolari, in cui sia il popolo a scegliere liberamente.

Qual è l’ostacolo maggiore all’indizione di nuove elezioni?

Il Venezuela ha perso il 25% del suo Pil. Poi la democrazia non c’è più da anni, da Chavez in poi. La difficoltà maggiore è che, nonostante il popolo non sia più dalla parte di Maduro, l’esercito è ancora dalla sua perché ha goduto e continua a godere di molti vantaggi.

In tutto ciò sentiamo il silenzio assordante del nostro ministro degli Esteri.

È grave. L’Italia non è un Paese qualunque per il Venezuela, sono milioni le persone con interessi economici e familiari in Venezuela. Ha fatto bene Salvini a prendere una posizione netta, perché la strada della neutralità alla lunga ci avrebbe danneggiato.

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