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2 giugno, perché esserci. L’opinione di Corrado Ocone

giugno

Il 2 giugno è la festa nazionale italiana, e come tale dovrebbe essere la festa di tutti. Sarebbe giusto che la politica per un giorno facesse tacere la sua voce più o meno stridula e che tutti si unissero attorno alla bandiera e ai simboli dell’unità nazionale.

“Vasto programma”, avrebbe detto il generale Charles De Gaulle. Tanto più vasto in un paese come il nostro diviso anche sui valori fondamentali e che sa distinguere sempre meno l’ambito politico da quello istituzionale. Di questo nostro tratto abbiamo avuto prova anche quest’anno: dapprima con una idea a dir poco bizzarra, e comunque poco chiara, del ministro della difesa Elisabetta Trenta, poi con la reazione a mio modo di vedere inappropriata di alcuni esponenti sia delle forze armate sia della politica.

Qualunque cosa voglia significare la definizione del 2 giugno come “festa dell’inclusione”, è assodato che il termine scelto dal ministro sia poco felice o addirittura partigiano. Esso infatti strizza l’occhio, per il modo in cui è comunente usato, a una ideologia, quella pacifista, che, oltre ad essere teoricamente incoerente, non può aver corso nell’ambito delle forze armate e in quello dell’interesse nazionale.

La consapevolezza, tragica quanto si vuole ma estremamente realistica, che tiene in piedi l’apparato militare, in quanto tale assolutamente indispensabile, è che, nel mondo umano, la pace si garantisce solo essendo pronti a difendersi da chi di essa è nemico, non certo facendo testimonianza per quanto nobile di “non violenza” o promuovendo un disarmo unilaterale.

Il pacifismo, trasposto nel mondo della difesa, è non solo ipocrita, ma anche pericoloso per la stessa pace. A questo tentativo più o meno palese di politicizzare la festa, ha corrisposto il tentativo uguale e contrario di tutti coloro che hanno annunciato di voler disertare la parata militare dei Fori imperiali e le altre manifestazioni del 2 giugno in polemica con le scelte del ministro. Che è atteggiamento o reazione tipicamente italiana, propria di tutti coloro che ritengono che un’idea sbagliata si contesta non cambiando campo di gioco (cosa quanto mai opportuna in questo caso) ma opponendosi sul terreno scelto dall’avversario.

Mi sembra perciò giusto far presente a “servitori dello Stato” come tre ex capi di stato maggiore della Difesa (Vincenzo Camporini e Mario Arpino) e uno dell’areonautica (Dino Tricarico) che le loro critiche pur condivisibili a “una componente della maggioranza giallo-verde” devono essere fatte in ogni sede possibile ma non disertando le manifestazioni della festa nazionale. Partecipare non sarebbe stato ipocrita, come ha affermato Tricarico, ma sarebbe stato un gesto di alta sensibilità istituzionale che avrebbe dato ancora più forza e credibilità a proteste che a me sembrano sacrosante.


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