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Chi è Mark Esper, il nuovo capo (pro tempore) del Pentagono scelto da Trump

Sarà Mark Esper, previo via libera del Senato, a guidare il Pentagono verso la nomina del prossimo segretario a pieno titolo. La decisione arriva direttamente da Donald Trump, che via Twitter ha ringraziato l’uscente Patrick Shanahan, chiamato al ruolo di segretario alla Difesa “acting” dallo scorso dicembre, quando James Mattis aveva rassegnato le proprie dimissioni in rottura con il presidente sui dossier mediorientali. La nuova successione arriva in un momento delicato per la Difesa Usa, alle prese con le novità nel confronto con l’Iran (a partire dal dispiegamento di altre mille unità in Medio Oriente) e con il processo per il budget del prossimo anno dibattuto al Congresso.

IL TWEET DI TRUMP

“Il segretario alla Difesa pro tempore Patrick Shanahan, che ha fatto un meraviglioso lavoro, ha deciso di non andare avanti nel processo di conferma, così da potersi dedicare di più alla famiglia”, ha twittato Trump. “Ringrazio Pat per il servizio di assoluto rilievo, e nominerò il segretario dell’Esercito Mark Esper, come nuovo segretario alla Difesa acting; conosco Mark e non ho dubbi che farà un lavoro fantastico”.

CHI È MARK ESPER

Alla guida del dipartimento dell’Esercito da novembre 2017, Esper ha un profilo che si avvicina a quello di Shanahan, con un passato manageriale nell’industria americana della Difesa e, ancora prima, con incarichi di minor rilievo tra Congresso e dipartimento della Difesa. Prima di giungere allo US Army, Esper è stato infatti senior executive e vice presidente per i rapporti con il governo per Raytheon, una delle maggiori industrie statunitensi del settore, tra l’altro protagonista del recente annuncio di maxi fusione con UTC, lo stesso su cui Trump ha espresso “preoccupazione” per i potenziali effetti sulla concorrenza. Ancora prima, dal 2008 al 2010, Esper aveva presieduto il centro di Global Intellectual Property della Camera di commercio Usa, svolgendo altresì il ruolo di vice presidente per Europa e affari euro-asiatici. Nei due anni precedenti, era stato coo e vice presidente per gli affari relativi alla difesa della Aerospace Industries Association, l’influente associazione che riunisce le aziende Usa del comparto aerospaziale.

I NODI DI SHANAHAN

Shanahan lascia così dopo sei mesi la guida del Pentagono, dove era arrivato insieme a Mattis con l’avvio dell’amministrazione Trump nel ruolo di suo vice. Poi, a dicembre, con la rottura tra Trump e il generale dei Marines, ecco il ruolo di acting secretary. A fine marzo, era stato al centro dell’indagine interna al Pentagono con l’accusa di aver favorito Boeing, azienda per cui ha lavorato per più di tre decenni, a discapito dei concorrenti. Nel mirino soprattutto le presunte critiche all’F-35 e il supporto all’F-15X, finito nella richiesta di budget del Pentagono per il prossimo anno nonostante Shanahan avesse firmato un documento in cui si impegnava a non trattare le questioni che riguardassero Boeing. L’indagine non ha confermato le accuse, ma in molti oltre oceano hanno sospettato che qualcosa si fosse rotto nel rapporto con l’inquilino della Casa Bianca. Più recente la vicenda familiare. Martedì scorso, Shanahan ha rilasciato una dichiarazione relativa a un episodio di violenza domestica risalente al 2010 che coinvolgeva lui e l’ex moglie. Secondo i media, il fatto sarebbe sotto scrutino dell’FBI, anche se Shanahan ha sempre respinto le accuse e negato i fatti.

LA CORSA ALLA GUIDA DEL PENTAGONO

Resta incerta dunque la successione a Mattis, con l’unica certezza che Shanahan non correrà più per l’incarico. D’altra parte, se il ritiro di Mattis era avvenuto per le distanze su alcuni dossier-chiave (dal ritiro dalla Siria alla Space Force, a cui il generale dei Marines era contrario), con Shanahan il presidente si era trovato decisamente meglio, quanto meno per la condivisione di un passato più manageriale e decisamente meno militare. Ciò faceva presagire la conferma nel ruolo dell’ex manager di Boeing; un’ipotesi ora da scartare. In lizza per la posizione restano i nomi che circolano sui media Usa. Tra i più papabili ci sarebbe Jim Talent, ex senatore repubblicano del Missouri, considerato tra i falchi del partito e dato tra i candidati già nella scelta che poi ricadde su Mattis. Infine, nella lista del presidente ci sarebbe anche Robert L. Wilkie, già sottosegretario alla Difesa per il personale e attuale segretario per il Dipartimento degli Affari dei veterani, le cui chance sarebbe minori proprio per l’apprezzato lavoro svolto in un’amministrazione tradizionalmente complessa.

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