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Cinesi in cerca di spose. Ecco l’eredità di Tienanmen

Oggi, trentesimo anniversario dell’eccidio di studenti cinesi a Piazza Tienanmen numerose testate ricordano il massacro sottolineando come le proteste degli studenti fossero per un comunismo più umano  non per un cambiamento di sistema; allora, non si accedeva all’istruzione superiore, e tanto meno all’università, se non si era comunisti D.O.C. Non è consentito neanche oggi. Alcune testate, invece, ammaliate dall’intesa che (parte del) Governo sta stringendo con Pechino, sottolineano che la Cina di oggi ha poco a che vedere con quella di trent’anni fa; sarebbe ormai capitalista e, quindi, sul punto anche di diventare quasi liberal-democratica , nonostante i campi di concentramento, il tentativo di sterminio di alcune minoranze etniche , come, ad esempio, gli uiguri, ed altre vicende.

Un’analisi del sinologo Francesco Scisi, che è stato per vent’anni corrispondente de La Stampa da Pechino ricorda come Xi Jinping sia “sotto assedio dei rivali che sfidano la sua posizione; ha lanciato la campagna anti-corruzione proprio come arma contro gli avversari”. Sottolinea anche che il sistema cinese non è trasparente. Milioni di funzionari grandi e piccoli stanno trascinando i piedi o apertamente remando contro di Xi Jinping, che li ha privati di potere, di denaro e di influenza sull’economia anche se di fronte a una guerra commerciale con gli Stati Uniti, è difficile per chiunque di opporsi apertamente a Xi. Ed è molto difficile per qualsiasi cinese ai piani alti del partito di dichiararsi a favore di “arrendersi” agli Stati Uniti d’America. “Il partito – ricorda Sisci- si è comportato in modo analogo dopo la repressione di Tiananmen nel 1989: invita i a serrare i ranghi ed a marciare sotto la stessa bandiera nonostante le differenze”. Tanto più che “chiunque proponga un compromesso può essere bollato di essere “un agente straniero”.

Nessuno, però, ricorda come trent’anni fa, fosse ancora in vigore, nelle campagne ed anche in parte nelle città, la one child policy, in base alla quale una famiglia poteva avere un unico figlio. Sappiamo che si preferiva avere un figlio maschio che un giorno potesse aiutare nei campi od andare in fabbrica piuttosto che una figlia da provvedere con una dote, sapendo che a andrà a lavorare per il marito o nel piccolo campo della famiglia dello sposo.

Il risultato è una marea di quelli che potrebbero essere chiamati i Tienanmen children che ora hanno l’età di prender moglie. Anche se le statistiche cinesi vanno prese con le pinze, oggi ci sono molti più maschi trentenni di donne. I vari studi effettuati in università e centri di ricerca occidentali sostengono che i giovani superano le giovani di 33-40 milioni. Ciò causa problemi molto seri anche solamente a ragione delle esigenze fisiologiche dei ragazzi, nonché nel naturale desiderio di farsi una famiglia, frase che nelle campagne vuole dire anche avere gratis braccia per lavorare.

Il fenomeno è in atto da anni. In una prima fase si sono utilizzati metodi da ratto delle Sabine (spesso con il consenso di Governi amici): vero e proprie spedizioni di ragazzi in Corea del Nord, Vietnam, Laos, Cambogia) a prendersi fanciulle. Ma al crescere del numero di giovani alla ricerca del gentil sesso, i Tienanmen children hanno allargato il loro campo d’azione e reso più sofisticato l’approccio. Ora vanno alla ricerca di spose in India e soprattutto in Pakistan, dove le nozze sono tradizionalmente organizzate dalle famiglie, spesso tramite mediatori. Giovanotti cinesi vestiti di nuovo (l’abito è spesso imprestato dal mediatore) si presentano da famiglie pachistane od indiane come appartenenti a ceti ad alto reddito; non chiedono una dote alla famiglia di colei che diventare la sposa; anzi, offrono un regalo.

Celebrate le nozze e giunta in Cina, la fanciulla – descrive un rapporto della Human Rights Watch – si trova in un tugurio, costretta a lavori pesanti ed a prestazioni coniugali anche nei confronti dei fratelli e degli amici del ‘marito’. In alcuni casi, ragazze sveglie sono riuscite a rifugiarsi presso un consolato del loro Paese, a divorziare ed a tornare alla casa natìa. In breve, attenzione allo sposo cinese, anche e soprattutto nello stipulare accordi.

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